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L'ordine del sole nero
  • Текст добавлен: 21 октября 2016, 20:09

Текст книги "L'ordine del sole nero"


Автор книги: James Rollins


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Триллеры


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Текущая страница: 28 (всего у книги 30 страниц)

Sulla sinistra, gridando per sovrastare il suono dei motori, Monk riferì il messaggio ricevuto via radio da Khamisi. Le forze zulù avevano preso la tenuta, spingendo tutti gli uomini dei Waalenberg sopravvissuti nel palazzo, dove era in corso un assedio. Sopra le loro teste, proseguiva la sparatoria.

«Gunther ha bloccato le scale antincendio», li informò Gray. «Anche le porte dell’ascensore sono bloccate, aperte. Questo dovrebbe darci un po’ di tempo.» Fece un cenno a Brooks e Mosi. «Tenete d’occhio il corridoio!»

I due presero le armi e uscirono.

Mentre lasciavano la stanza, Gunther entrò, claudicante. Dall’espressione del suo viso, Lisa capì che aveva saputo di Anna. Si era sbarazzato di tutte le armi. Si diresse verso lo schermo che scendeva, con passi pesanti come piombo. Doveva essere testimone della conclusione: l’assoluzione finale per tutto il sangue di cui si era macchiato.

Lo schermo si fermò.

Lisa temeva la vista dei danni, ma aveva un dovere da compiere. Si diresse verso la Campana.

Anna era distesa su un fianco, all’ombra del dispositivo, raggomitolata come una bambina. Aveva la pelle di un bianco cinereo, i capelli erano diventati bianchi come la neve, come se si fosse tramutata in una statua di marmo. Gunther scavalcò il bordo dello schermo protettivo e s’inginocchiò accanto alla sorella. Senza una parola, privo di espressione, la raccolse tra le braccia. La morta ciondolò inerte, poi il capo si posò sulla spalla del fratello.

Gunther si alzò, voltò le spalle alla Campana e se ne andò.

Nessuno cercò di fermarlo.

Svanì fuori dalla porta.

Lo sguardo di Lisa si posò sull’altra sagoma, ancora distesa sul pavimento di piombo della camera d’irradiazione: Baldric Waalenberg. Come Anna, aveva la pelle di un bianco innaturale, quasi traslucido. Ma le radiazioni gli avevano bruciato anche tutti i capelli, lasciandolo calvo, senza nemmeno le sopracciglia o le ciglia. In più, la carne gli si era condensata sulle ossa, conferendogli l’aspetto di una mummia. E la sua struttura ossea aveva qualcosa di sbagliato…

Lisa si bloccò, troppo atterrita per procedere oltre.

Senza capelli e con la carne afflosciata, il teschio appariva chiaramente deforme, come se si fosse in parte sciolto e poi di nuovo indurito. Le mani erano contorte, le dita stranamente allungate, come quelle di una scimmia. Lisa non riusciva a pensare ad altro che alla parola involuzione.

«Tiratelo fuori da lì», disse Gray, disgustato; poi si rivolse a Lisa. «Ti aiuterò a portare Painter lì dentro.»

Lisa scosse lentamente il capo, facendo un passo indietro. «Non possiamo…» Non riusciva a togliere gli occhi di dosso da quella sagoma deforme che un tempo era il patriarca dei Waalenberg. Non poteva permettere che succedesse anche a Painter.

«Che intendi dire?»

Lei deglutì, continuando a fissare quel mostro, mentre Monk, che evidentemente aveva paura di toccarlo, lo sollevava dalla manica della camicia. «Painter è andato troppo oltre. Con la Campana speravamo soltanto di differire o rallentare la debilitazione, non di invertirla. Vuoi che il tuo direttore rimanga sospeso per sempre nel suo stato attuale?»

«Finché c’è vita c’è speranza.» Gray aveva pronunciato quelle parole con un tono dolce, gentile. Era quasi riuscito a distrarre la donna, mentre Monk trascinava la forma involuta del vecchio fuori dalla Campana.

Lisa aprì la bocca, preparandosi ad argomentare contro le false speranze.

Poi gli occhi di Baldric Waalenberg si aprirono, lattiginosi e ciechi, più simili a pietra che a carne. La bocca si spalancò in un urlo prolungato e silenzioso. Le corde vocali erano scomparse. Non aveva lingua. Non c’era nulla dentro di lui, tranne che orrore e dolore.

Lisa diede voce all’uomo, gridando, retrocedendo fino a sbattere contro la console. Anche Monk riconobbe il vero orrore della situazione. Si allontanò con un balzo, lasciando cadere Baldric appena fuori dalla camera d’irradiazione.

La sagoma deforme crollò. Gli arti rimasero inerti, privi di muscoli. Ma la bocca si apriva e chiudeva, come quella di un pesce fuor d’acqua. Lo sguardo era vacuo, fisso.

Gray si frappose tra Lisa e quell’orrore. «Dottoressa Cummings… Lisa.» Lo sguardo di lei, che vagava in preda al panico, si posò finalmente sui suoi occhi. «Il direttore Crowe ha bisogno di te.»

«Non c’è nulla che io possa fare.»

«Sì, invece. Possiamo usare la Campana.»

«Non posso fare questo a Painter.» La sua voce divenne più acuta. «Non una cosa del genere

«Non succederà nulla del genere. Monk mi ha raccontato delle istruzioni che Anna ti ha dato. Tu sai come impostare la Campana su un’emissione minima, su una radiazione palliativa. Ciò che è appena successo qui è diverso. Baldric aveva impostato la Campana al massimo della potenza, per uccidere. E alla fine… chi semina vento raccoglie tempesta.»

Lisa si coprì il viso con le mani, cercando di escludere tutto ciò che la circondava. «E noi, che cosa cerchiamo di raccogliere? Painter è in punto di morte, perché farlo soffrire ancora?»

Gray le tolse le mani dal viso. Si chinò, per intercettare il suo sguardo. «Conosco Painter, e penso che lo conosca anche tu. Lotterebbe fino all’ultimo.»

Come medico, aveva già sentito argomentazioni simili in passato, ma era anche realista. Quando non c’era speranza, non si poteva offrire che una giusta dose di dignità. «Se ci fosse una possibilità di guarigione, anche minima, correrei il rischio. Se sapessimo che cosa Hugo Hirszfeld cercava di comunicare a sua figlia, il suo codice perfezionato…» Scosse la testa di nuovo.

Gray le prese il mento tra le dita. Lei cercò di liberarsi, irritata, ma la presa era salda e irremovibile. «Io so che cosa ha nascosto Hugo in quei libri.»

Lei lo guardò perplessa, ma intuì la verità nei suoi occhi.

«Io ce l’ho, la risposta», aggiunse Gray.

16. L’ENIGMA DELLE RUNE

Sudafrica,

ore 15.25

«Non è un codice», spiegò Gray. «Non è mai statoun codice.» S’inginocchiò con un pennarello in mano. Cerchiò la serie di rune che aveva disegnato per Baldric Waalenberg.


Gli altri gli si erano radunati attorno, ma lui mantenne l’attenzione su Lisa Cummings. La risposta cui era giunto non aveva senso, ma intuiva che era la serratura, e quella donna, che conosceva il dispositivo più di chiunque altro in quella stanza, forse aveva la chiave.Dovevano lavorare assieme.

«Ancora rune», disse Lisa.

Gray la guardò perplesso, in attesa di una spiegazione.

Lei annuì, guardando il pavimento. «Ho visto un’altra serie di rune, una serie diversa, disegnata col sangue. Voleva dire Schwarze Sonne.»

«Sole Nero», tradusse Gray.

«Era il nome del progetto di Anna in Nepal.»

Gray rifletté sull’importanza di quell’informazione. Ripensò al simbolo del Sole Nero al livello inferiore. Evidentemente, la setta originaria di Himmler era stata divisa dopo la guerra. Il gruppo di Anna a nord e quello di Baldric a sud. Una volta separate, le due fazioni avevano preso strade sempre più divergenti, finché da alleate non erano diventate avversarie.

Lisa tamburellò con le dita sul pavimento, per indurre Gray a concentrarsi. «Le rune che ho decifrato io erano una semplice trasposizione di lettere al posto di simboli. È la stessa cosa anche in questo caso?»

Gray scosse il capo. «Baldric ha fatto la medesima supposizione, per questo aveva così tante difficoltà a decifrare le rune. Ma Hugo non avrebbe nascosto il suo segreto così in superficie.»

«Se non è un codice, allora che cos’è?» chiese Monk.

«È un puzzle», rispose Gray.

«Che cosa?»

«Ricordi la nostra conversazione col padre di Ryan?»

Monk annuì.

Gray ripensò all’incontro con Johann Hirszfel, e al piccolo, sporco segreto nazista della famiglia. «Ha raccontato di come fosse curioso suo nonno Hugo. Sempre alla ricerca di cose strane e impegnato a indagare sui misteri della storia.»

«È così che si è avvicinato ai nazisti», aggiunse Fiona.

«E, nel tempo libero, Hugo teneva in allenamento la sua mente.» Le parole di Johann echeggiarono nella frase di Gray: Esercizi di memorizzazione e puzzle. I suoi puzzle.Indicò la serie di rune. «Questo era soltanto l’ennesimo esercizio mentale. Ma non era un codice: era un puzzle. Le rune erano forme da manipolare, riordinare, ricreando l’ordine dal caos.»

Gray aveva risolto mentalmente il puzzle il giorno precedente, rovesciando e ruotando le rune nella sua immaginazione, finché non si era costituita una forma. Sapeva che era la risposta giusta, soprattutto conoscendo l’angoscia provata da Hugo in fin di vita: il rimpianto che aveva espresso per aver collaborato coi nazisti. Ma che cosa significava? Posò lo sguardo su Lisa.

Disegnò nuovamente le sei rune sul pavimento, l’una dopo l’altra, riassemblandole nella sequenza corretta.

L’ordine dal caos.

L’assoluzione dalla collaborazione.

Il sacro dal profano.

Tramite le rune pagane, Hugo mostrava le sue vere origini.


«È una stella», disse Monk.

Lisa sollevò lo sguardo. «Non una stella qualsiasi… È la stella di David.»

Gray annuì.

Fiona fece la domanda più importante. «Ma che significa?»

Gray sospirò. «Non lo so. Non ho idea di che cosa c’entri con la Campana, col perfezionamento del dispositivo. Forse era semplicemente un’ultima dichiarazione d’identità, un messaggio segreto alla sua famiglia.» Ricordò le ultime parole di Anna: Non sono una nazista.

Il codice runico di Hugo era soltanto un altro modo per dire la stessa cosa?

«No», replicò Lisa, secca. «Se vogliamo risolvere l’enigma, dobbiamo comportarci come se questa fosse la risposta.»

Gray notò qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che mancava un istante prima.

La speranza.

«Secondo Anna», proseguì Lisa, «Hugo entrò nella camera d’irradiazione della Campana con un neonato. Senza strumenti speciali: c’erano soltanto lui e il bambino. E, quando l’esperimento fu concluso, i test dimostrarono che aveva prodotto il primo vero e puro Cavaliere del Sole.»

«Che ha fatto là dentro?» chiese Fiona.

Lisa indicò la stella di David. «Questa in qualche modo è collegata. Ma non conosco il significato del simbolo.»

Gray, invece, sì. «La stella ha molteplici significati. È un simbolo di preghiera e fede, e forse altro. Vedete che la stella a sei punte è in realtà la sovrapposizione di due triangoli, l’uno rivolto verso il basso e l’altro verso l’alto? Nella Cabala ebraica, i due triangoli sono l’equivalente dello yin e dello yang, della luce e dell’oscurità, del corpo e dell’anima. Un triangolo rappresenta la materia e il corpo, l’altro la nostra anima, la nostra essenza spirituale, la nostra mente cosciente.»

«E, uniti, rappresentano entrambi», osservò Lisa. «Non soltanto una particella o un’onda, ma entrambi.»

Gray intravide una possibilità di comprensione. «Che cosa?»

Lisa guardò la camera d’irradiazione. «Anna ha detto che la Campana di fatto è uno strumento per misurare i quanti, che manipola l’evoluzione. L’evoluzione quantica. Tutto si ricollega alla meccanica quantistica, dev’essere questa la chiave.»

Gray aggrottò le sopracciglia. «Che cosa intendi dire?»

Lisa spiegò ciò che Anna le aveva insegnato.

Gray, che aveva studiato in modo approfondito biologia e fisica alla Sigma, non ebbe bisogno di molte spiegazioni. Chiuse gli occhi e si mise a sedere, cercando di trovare un punto d’incontro fra la stella di David e la meccanica quantistica. C’era una risposta, nel mezzo? «Hai detto che Hugo è entrato nella camera d’irradiazione da solo?»

«Esatto», rispose Lisa sottovoce, come se intuisse che doveva lasciarlo riflettere in pace.

Gray si concentrò. Hugo gli aveva dato la serratura, Lisa la chiave: ora toccava a lui. Senza lasciarsi distrarre dai limiti di tempo, consentì alla sua mente di lavorare con gli indizi e gli elementi a disposizione, provando e scartando le varie possibilità.

Era un altro puzzle.

Come era avvenuto con la stella di David, la combinazione giusta si formò nella sua mente, pulita, perfetta. Avrebbe dovuto pensarci prima.

Gray aprì gli occhi.

«Che c’è?» chiese Lisa.

«Attiva la Campana», disse Gray, dirigendosi verso la console. «Adesso!»

Lisa lo seguì e cominciò la procedura. «Ci vorranno quattro minuti per raggiungere un impulso palliativo.» Lanciò un’occhiata a Gray mentre lavorava, con uno sguardo interrogativo. «Che cosa stiamo facendo?»

Lui si voltò verso la Campana. «Hugo non è entrato nella camera senza strumenti.»

«Ma Anna ha…» obiettò Lisa.

«No», la interruppe lui. «È entrato con la stella di David. È entrato con la preghiera e la fede. Ma soprattutto è entrato col suo computer quantistico.»

«Cosa?»

Gray parlava velocemente, sicuro di avere ragione. «Da secoli la coscienza è un interrogativo che sconcerta gli scienziati, Darwin compreso. Che cos’è la coscienza? È soltanto il nostro cervello? Sono gli impulsi nervosi? Qual è il confine tra cervello e mente? Tra materia e spirito? Tra corpo e anima?» Indicò il simbolo. «La ricerca attuale dice che siamo entrambe le cose. Siamo l’onda ela particella. Il corpo el’anima. La vita stessa è un fenomeno quantistico.»

«Adesso stai farfugliando, aspetta», intervenne Monk, unendosi a lui e trascinando con sé Fiona.

Gray fece un respiro profondo, eccitato. «Gli scienziati rifiutano la spiritualità, definendo il cervello un complesso computer. La coscienza insorge soltanto come sottoprodotto dell’attivazione di una rete di neuroni interconnessi, di fatto una rete neurale, che agisce al livello dei quanti.»

«Un computer quantistico…» disse Lisa. «Ma che diavolo è?»

«Hai visto i codici informatici scomposti al livello basilare, no? Sono pagine intere di zero e di uno. È così che pensa il computer moderno: lo zero o l’uno. Un teorico computer quantistico, se potesse essere costruito, offrirebbe una terza opzione. Ancora zero o uno, ma anche una terza possibilità: zero euno.»

«Come gli elettroni nel mondo dei quanti. Possono essere onde o particelle, oppure tutt’e due le cose allo stesso tempo.»

«Una terza possibilità», ribadì Gray, annuendo. «Non sembra granché, ma, aggiungendo questa opzione alle possibilità di un computer, l’apparecchio sarebbe in grado di eseguire simultaneamente compiti algoritmici multipli.»

«Come camminare e masticare la gomma», borbottò Monk.

«Compiti che richiederebbero anni per i computer attuali potrebbero essere svolti in poche frazioni di secondo.»

«E i nostri cervelli fanno tutto ciò?» chiese Lisa. «Funzionano come computer quantistici?»

«Secondo le teorie più recenti, sì. Il nostro cervello propaga un campo elettromagnetico misurabile, generato dalle complesse interconnessioni tra i neuroni. Alcuni scienziati ipotizzano che la coscienza risieda in questo campo, facendo da ponte tra la materia del cervello e il mondo dei quanti.»

«E la Campana è ipersensibile ai fenomeni quantistici», aggiunse Lisa. «Perciò, entrando col bambino nella camera della Campana, Hugo ha influenzato il risultato.»

«Ciò che viene osservato è modificato dall’atto dell’osservazione. Ma penso che ci sia qualcosa di più.» Gray indicò la stella di David. «Perché un simbolo di preghiera?»

Lisa scosse la testa.

«Che cos’è la preghiera se non la concentrazione della mente, la concentrazione della coscienza? E, se la coscienza è un fenomeno quantistico, allora anche la preghieralo è.»

«E, come tutti i fenomeni quantistici, misura e influenza il risultato…» mormorò Lisa.

«In altre parole…» cominciò Gray, poi aspettò.

Lisa si alzò. «La preghiera funziona.»

«È ciò che ha scoperto Hugo, è questo che ha nascosto nei suoi libri. Una cosa inquietante e spaventosa, ma troppo bella per lasciarla morire.»

Monk si appoggiò alla console, accanto a Lisa. «Stai dicendo che ha fatto diventare perfetto quel bambino con la forza di volontà?»

Gray annuì. «Quando Hugo è entrato nella camera d’irradiazione col neonato, ha pregato per la perfezione. Un pensiero concentrato, altruista e puro. La coscienza umana, sotto forma di preghiera, funge da strumento di misurazione dei quanti. Sotto la Campana, il potenzialequantico puro del bambino è stato misurato, influenzato dalla concentrazione e dalla volontà di Hugo e, di conseguenza, tutte le variabili si sono ordinate: come un perfetto lancio dei dadi genetici.»

Lisa si voltò. «Allora forse possiamo fare la stessa cosa per invertire il danno quantico subito da Painter, per salvarlo prima che sia troppo tardi.»

S’intromise un’altra voce, quella di Marcia, che stava ancora assistendo Painter, riverso sul pavimento. «È meglio che vi sbrighiate.»

ore 15.32

Monk e Gray trasportarono velocemente Painter nella camera d’irradiazione, usando un telo.

«Posatelo accanto alla Campana», ordinò Lisa.

La Campana era già in azione: i due involucri ruotavano in direzioni opposte. Lisa ricordò come l’aveva descritta Gunther: una specie di impastatrice. Corrispondeva più o meno alla realtà. L’involucro di ceramica emetteva una lieve luminescenza.

Lisa s’inginocchiò accanto a Painter, controllando le funzioni vitali.

«Posso restare con voi», disse Gray, accanto a lei.

«No, penso che la presenza di un altro computer quantistico potrebbe interferire.»

«Troppi cuochi in cucina», convenne Monk.

«Allora ci sto io, con lui», affermò Gray.

Lisa scosse la testa. «Avremo soltanto una possibilità. Se ci vuole concentrazione e volontà di far guarire Painter, forse è meglio che sia la mente di un medico a farlo.»

Gray sospirò, non molto convinto.

«Hai già fatto il tuo lavoro: ci hai dato una speranza.» Lo fissò. «Ora lasciami fare il mio.»

«Fa’ attenzione ai desideri che esprimi», le sussurrò Monk nell’orecchio, poi le diede un bacio sulla guancia.

Lui e Gray si allontanarono.

«Un minuto all’impulso», disse Marcia dalla console.

«Sollevate lo schermo.»

Mentre gli ingranaggi si mettevano in moto, Lisa si chinò su Painter. La sua pelle aveva una tinta bluastra, ma forse era soltanto la luce della Campana. Stava per morire: aveva il respiro troppo leggero e il battito cardiaco ridotto a un soffio. E poi i capelli: le radici erano diventate bianche come la neve. Stava degenerando a un ritmo esponenziale.

Lo schermo protettivo si sollevò attorno a loro, separandoli dal resto del gruppo. Le voci degli altri, già sommesse, furono attutite e poi completamente tagliate fuori, quando lo schermo s’innestò nel soffitto.

Da sola, senza nessuno che la vedesse, Lisa si appoggiò a Painter, la fronte sul petto di lui. Non aveva bisogno di concentrare la sua volontà con una sorta di energia meditativa. Si diceva che non ci fossero atei in trincea: di certo era vero per lei, in quel momento. Non sapeva a quale Dio chiedere aiuto.

Lisa ricordò la discussione avuta con Anna sull’evoluzione e sul disegno intelligente. La donna insisteva che erano le misurazioni quantistiche a far condensare il potenziale in realtà. Gli aminoacidi avevano formato le prime proteine in grado di replicarsi perché la vita era il migliore strumento di misurazione dei quanti. Estrapolando ulteriormente il concetto, la coscienza, che era uno strumento di misurazione dei quanti ancora più grande della vita di per sé, si era evoluta per lo stesso motivo. Un altro anello della catena evolutiva. Immaginò la sequenza.


AMINOACIDI -› PRIMA PROTEINA -› PRIMA FORMA DI VITA – COSCIENZA

Ma che cosa c’era oltre la coscienza? Se il futuro determinava il passato tramite le misurazioni dei quanti, quale entità aveva desiderato che si formasse la coscienza? Quale strumento di misurazione dei quanti ancora migliore c’era nel futuro, a determinare il presente? Fino a che punto, nel futuro, si estendeva quella catena? E che cosa c’era alla fine?


AMINOACIDI -› PRIMA PROTEINA -› PRIMA FORMA DI VITA -› COSCIENZA -› ???

Lisa ripensò a un’altra frase criptica pronunciata da Anna, quando lei le aveva chiesto quale fosse il ruolo di Dio in tutto ciò. Se, da una parte, sembrava che l’evoluzione quantica escludesse l’intervento divino dalle mutazioni benefiche improvvise, le ultime parole di Anna sulla questione erano state: Lei guarda la faccenda nel modo sbagliato, nella direzione sbagliata.Lisa aveva attribuito quell’affermazione criptica allo sfinimento della donna. Ma forse Anna aveva riflettuto a lungo su quella questione. Che cosa c’era alla fine dell’evoluzione? Soltanto uno strumento perfetto e incorruttibile per misurare i quanti?

E, in tal caso, era Dio?

Appoggiata sul corpo di Painter, non aveva risposta. Sapeva soltanto che voleva che lui vivesse. Forse era riuscita a nascondere agli altri quanto fossero profondi i suoi sentimenti per lui, probabilmente l’aveva nascosto anche a se stessa, ma non poteva più ignorarlo.

Aprì il cuore e lasciò brillare la sua vulnerabilità.

Forse era quello che le era mancato per tutta la vita, il motivo per cui gli uomini sembravano svanire attorno a lei e per cui lei fuggiva sempre: perché nessuno vedesse ciò che poteva essere ferito così facilmente. Nascondeva la sua vulnerabilità dietro un’armatura di professionalità e relazioni occasionali. Nascondeva il cuore. Non c’era da meravigliarsi che fosse da sola in cima a una montagna quando Painter era piombato nella sua vita.

Basta.

Sollevò la testa e baciò Painter sulle labbra, delicatamente, mettendo in atto ciò che aveva cercato di nascondere.

Chiuse gli occhi mentre il conto alla rovescia proseguiva. Aprì il cuore, desiderando un futuro per quell’uomo, desiderando che stesse bene, che ne uscisse incolume, ritornando in salute, e, soprattutto, pregando di poter trascorrere ancora del tempo con lui.

Era quella la vera funzione della Campana? Aprire un condotto quantico verso quel grande strumento di misurazione dei quanti che stava in fondo alla catena evolutiva, la volontà?

Lisa sapeva che cosa doveva fare. Il suo obiettivo era al di là della coscienza, al di là della preghiera.

Era semplicemente fede.

Nella purezza di quel momento, la Campana esplose di una luce accecante, unendoli, trasformando la realtà in puro potenziale.

ore 15.36

Gray azionò l’interruttore e lo schermo protettivo cominciò a scendere. Che cosa avrebbero trovato? Si radunarono tutti attorno alla parete dello schermo.

Monk gli lanciò uno sguardo preoccupato.

Nel silenzio, si sentì un bip, sulla sinistra.

Poco alla volta, la camera d’irradiazione divenne visibile. La Campana, silenziosa e scura, era inerte, al centro. Poi comparve Lisa, accovacciata su Painter, la schiena rivolta verso di loro.

Nessuno parlava.

Lisa si girò lentamente, alzandosi. Le lacrime che erano rimaste sospese sulle ciglia le colarono lungo le guance. Tenne Painter sottobraccio mentre si alzava. L’aspetto dell’uomo non era migliorato: pallido, debole, debilitato. Ma sollevò la testa.

Aveva uno sguardo acuto e vigile.

Gray si sentì pervadere dal sollievo.

Poi si udì ancora quel bip.

Gli occhi di Painter si mossero in quella direzione, quindi si posarono su Gray. Painter mosse le labbra, ma non ne uscì nemmeno una parola. Lui si avvicinò, per sentirlo.

Painter strizzò le palpebre e provò di nuovo. La parola era appena percettibile. «Bomba…»

Anche Lisa lo sentì. Seguì lo sguardo di Painter, che era puntato sul cadavere di Baldric Waalenberg. Spinse Painter verso Monk. «Prendilo.»

Lei si diresse verso la sagoma contorta del vecchio. Senza che nessuno lo notasse, senza nessuno a compiangerlo, a un certo punto Baldric era finalmente spirato.

Gray si unì a lei.

Lisa s’inginocchiò e sollevò la manica dell’uomo. Indossava un grosso orologio da polso. Lo voltò. Una lancetta girava velocemente su un display digitale.

«Come al castello», disse Lisa. «Un rilevatore del battito cardiaco collegato a una microtrasmittente. Quando il suo cuore ha smesso di battere, è cominciato il conto alla rovescia.» Poi girò il braccio dell’uomo, in modo che Gray potesse leggere il numero.


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