355 500 произведений, 25 200 авторов.

Электронная библиотека книг » James Rollins » L'ordine del sole nero » Текст книги (страница 14)
L'ordine del sole nero
  • Текст добавлен: 21 октября 2016, 20:09

Текст книги "L'ordine del sole nero"


Автор книги: James Rollins


Жанр:

   

Триллеры


сообщить о нарушении

Текущая страница: 14 (всего у книги 30 страниц)

«Chi è?»

Himalaya,

ore 08.25

«Vieni a vedere.»

Painter si svegliò di soprassalto, subito vigile. Un dolore lancinante lo pugnalava tra gli occhi. Scivolò giù dal letto, già vestito. Non si era reso conto di essersi addormentato. Lui e Lisa erano ritornati in camera qualche ora prima, scortati dalle guardie. Anna doveva sbrigare qualche faccenda e procurare alcune cose che Painter aveva richiesto.

«Quanto ho dormito?» chiese, sentendo svanire lentamente il mal di testa.

«Scusa, non sapevo che dormissi.» Lisa era seduta a gambe incrociate di fronte al focolare, accanto a un tavolino con fogli di carta sparsi sopra. «Non può essere più di quindici, venti minuti. Volevo che tu vedessi questo.»

Painter si alzò. La stanza vacillò per un istante, poi si riassestò. Per niente bene. Raggiunse Lisa e si lasciò cadere accanto a lei.

Notò la macchina fotografica appoggiata sui fogli.

Lisa aveva chiesto che le fosse restituita la sua Nikon, come primo atto di cooperazione da parte dei loro carcerieri. Fece scivolare un foglio di carta verso di lui. «Guarda.»

Ci aveva disegnato una serie di simboli: erano le rune che Lama Khemsar aveva scarabocchiato sulla parete. Lisa doveva averle copiate dalla foto digitale. Painter vide che sotto ogni simbolo era scritta una lettera corrispondente.


«Era un semplice codice a sostituzione. Ogni runa rappresenta una lettera dell’alfabeto. È bastato fare qualche tentativo.»

« Schwarze Sonne», lesse lui ad alta voce.

«Sole Nero. Il nome del progetto nazista.»

«Perciò Lama Khemsar ne era al corrente.» Painter scosse la testa. «Il vecchio buddista aveva i suoi contatti, da queste parti.»

«Ed evidentemente ne è rimasto traumatizzato.» Lisa prese il foglietto. «La follia deve avere risvegliato antiche ferite.»

«O forse il Lama ha cooperato sin dall’inizio e il monastero era una sorta di avamposto di guardia del castello.»

«Se è andata così, guarda quanto gli è valsa, la cooperazione», commentò Lisa con un tono pungente. «È forse indicativo della ricompensa che otterremo noi?»

«Non abbiamo scelta. È l’unico modo per restare in vita: essere necessari.»

«E poi? Quando non saremo più necessari

Painter non volle alimentare nessuna illusione. «Ci uccideranno. Cooperando guadagneremo soltanto un po’ di tempo.»

Painter notò che Lisa non cercava di sfuggire alla realtà, anzi sembrava che ne traesse forza. Drizzò le spalle, mostrandosi risoluta. «Allora, che cosa facciamo per prima cosa?»

«Riconosciamo il primo passo di ogni conflitto.»

«E cioè?»

«Conosci il tuo nemico.»

«Penso di sapere già troppo di Anna e della sua ciurma.»

«No, parlavo di scoprire chi c’è dietro l’esplosione della notte scorsa. Il sabotatore, o chiunque l’abbia ingaggiato. Sta succedendo qualcosa, qui. Quei primi atti di sabotaggio, le manomissioni dei controlli di sicurezza della Campana, le prime malattie… avevano lo scopo di incuriosirci. Di sollevare un po’ di fumo e attirarci qui, con quelle voci di strane malattie.»

«Ma perché fare una cosa del genere?»

«Per assicurarsi che il gruppo di Anna fosse scoperto e smantellato. Non trovi strano che la Campana, il fulcro di questa tecnologia, sia stata distrutta soltanto dopo il nostro arrivo? Che cosa può far pensare, questo?»

«Che, se da una parte volevano che il progetto di Anna fosse smantellato, dall’altra non volevano che il fulcro della tecnologia cadesse nelle mani di qualcun altro.»

Painter annuì. «E forse qualcosa di ancora più terribile. Potrebbe essere tutto un diversivo, un trucco da prestigiatore: tu guarda qui, che intanto io, di nascosto, faccio il mio trucco da un’altra parte. Ma chi è il misterioso illusionista dietro le quinte? Qual è il suo scopo, il suo intento? È questo che dobbiamo scoprire.»

«E le apparecchiature elettroniche che hai chiesto ad Anna?»

«Forse ci aiuteranno a scovare la talpa. Se riusciamo a incastrare il sabotatore, scopriremo chi tira davvero le fila di tutto quanto.»

Un colpo alla porta li fece trasalire.

Painter si alzò, mentre la sbarra veniva sfilata e la porta si spalancava.

Entrò Anna, con Gunther al fianco. L’uomo si era ripulito dall’ultima volta che Painter l’aveva visto. Il fatto che nessun’altra guardia li seguisse nella stanza era un chiaro segno di quanto fosse pericoloso quel bestione. Non aveva nemmeno un’arma.

«Ho pensato che forse vi andava di fare colazione con noi», disse Anna. «Quando avremo finito, probabilmente le apparecchiature che ha richiesto saranno già arrivate.»

«Tutte quante? Da dove?»

«Katmandu. Abbiamo un eliporto nascosto sull’altro versante della montagna.»

«Davvero? E non siete mai stati scoperti?»

Anna scrollò le spalle. «È semplicemente una questione di coordinare i nostri voli con le dozzine di giri turistici e di squadre di alpinisti che escono ogni giorno. Il pilota dovrebbe essere di ritorno entro un’ora.»

Painter annuì. Aveva intenzione di usare al meglio quell’ora, raccogliendo informazioni. Per ogni problema c’era una soluzione. O almeno così sperava.

Uscirono dalla stanza. I corridoi erano affollati: evidentemente si era sparsa la voce. Tutti sembravano indaffarati e arrabbiati oppure li guardavano di traverso, come se Painter e Lisa fossero in qualche modo responsabili del sabotaggio. Ma nessuno si avvicinava troppo. Il passo pesante di Gunther apriva loro un varco. Il carceriere era diventato il loro protettore.

Finalmente raggiunsero lo studio di Anna.

Un lungo tavolo era stato apparecchiato davanti al fuoco, con una gran quantità di vassoi pieni di cibo: salsicce, pane nero, stufati fumanti, porridge, formaggi stagionati, un assortimento di frutti di bosco, prugne e meloni.

«Aspettiamo qualcuno?» chiese Painter.

«Un costante apporto di combustibile è fondamentale nei climi freddi, sia per la casa, sia per il cuore», rispose Anna, da brava tedesca.

Si misero a tavola e condivisero il cibo, come una grande famiglia felice.

«Se c’è qualche speranza di trovare una cura, dovremo sapere di più della Campana», disse Lisa. «La sua storia, come funziona…»

Anna, che si era incupita durante il tragitto fin lì, s’illuminò. Esiste forse un ricercatore cui non piaccia parlare delle proprie scoperte? «È cominciato come esperimento per un generatore di energia: un nuovo motore. La Campana ha preso il nome dal suo contenitore esterno: un involucro di ceramica a forma di campana, appunto, grande come un fusto da quattrocento litri e rivestito di piombo. All’interno c’erano due cilindri di metallo, l’uno dentro l’altro, che giravano in direzioni opposte.» Anna riprodusse il movimento con le mani. «A lubrificare il tutto e a riempire la Campana c’era un metallo liquido simile a mercurio: lo Xerum 525.»

«È la sostanza che ha detto di non poter riprodurre», puntualizzò Painter.

«Esatto. Ci abbiamo provato per decenni, cercando di ricostruire a ritroso la composizione del metallo liquido, ma presenta alcuni aspetti che è impossibile esaminare. Sappiamo che contiene perossidi di torio e di berillio, ma non molto altro. L’unica cosa che sappiamo per certo è che lo Xerum 525 era un sottoprodotto della ricerca nazista sull’energia del punto zero. È stato ottenuto in un altro laboratorio, distrutto subito dopo la guerra.»

«E voi non avete scoperto un modo per produrne dell’altro?» chiese Painter.

Anna scosse la testa.

«Ma che cosa faceva la Campana, esattamente?» chiese Lisa.

«Come dicevo prima, era semplicemente un esperimento. Molto probabilmente l’ennesimo tentativo di attingere all’infinita energia del punto zero. Ma, a un certo punto, i ricercatori nazisti hanno notato effetti strani quando la mettevano in funzione. La Campana emetteva una debole luminescenza. Andavano in corto circuito apparecchiature elettriche in un raggio di distanza enorme. Sono stati segnalati anche alcuni decessi. Durante una serie di esperimenti successivi, il dispositivo è stato affinato ed è stata costruita una schermatura. Sono stati eseguiti esperimenti in una miniera abbandonata, a grande profondità. Non si sono verificate altre morti, ma gli abitanti dei villaggi a un chilometro di distanza dalla miniera hanno riferito insonnia, vertigini e crampi muscolari. La Campana emanava qualcosa e l’interesse aumentava.»

«Era ritenuta una potenziale arma?» ipotizzò Painter.

«Non saprei. Gran parte degli archivi è stata distrutta dal responsabile della ricerca. Ma sappiamo che la squadra originaria ha esposto ogni genere di forma biologica alla Campana: felci, muffe, uova, carne, latte; e un’intera gamma di specie animali, invertebrate e vertebrate: scarafaggi, lumache, camaleonti, rospi e, naturalmente, topi.»

«E il vertice della catena alimentare?» chiese Painter. «Esseri umani?»

«Temo di sì. L’etica spesso è la prima vittima del progresso.»

«E che cosa è successo durante quegli esperimenti?» chiese Lisa, che aveva smesso di mangiare, non per repulsione, ma per il grande interesse che l’argomento suscitava in lei.

Anna intuì che avevano qualcosa in comune e rivolse l’attenzione a Lisa. «Ancora una volta gli effetti erano inspiegabili. Nelle piante la clorofilla scompariva, facendole diventare bianche. Nel giro di poche ore si decomponevano, riducendosi a una poltiglia viscida. Negli animali, il sangue gelava nelle vene e nei tessuti si formava una sostanza cristallina, che distruggeva le cellule dall’interno.»

«Vediamo se indovino», intervenne Painter. «Soltanto gli scarafaggi rimanevano indenni.»

Lisa lo guardò di traverso, poi si rivolse di nuovo ad Anna: «Avete qualche idea di che cosa causasse quegli effetti?»

«Possiamo solo fare congetture. Tuttora, riteniamo che la Campana, girando, crei un forte vortice elettromagnetico. Lo Xerum 525, un sottoprodotto delle ricerche precedenti sull’energia del punto zero, quando è esposto a questo vortice genera un’aura di strane energie quantiche.»

Painter mise assieme i pezzi mentalmente. «Perciò lo Xerum 525 è il combustibilee la Campana è il motore.»

Anna fece un cenno d’assenso.

«E la Campana diventa una specie di impastatrice», brontolò una nuova voce.

Tutti si voltarono a guardare Gunther, che stava masticando della salsiccia. Era la prima volta che mostrava un qualche interesse alla conversazione.

«Una descrizione grezza, ma corretta», convenne Anna. «Immaginate la natura onnipresente del punto zero come impasto per torte. Quando gira, la Campana è come la pala di un’impastatrice che ci s’immerge e provoca un risucchio dell’energia quantica verso l’esterno, verso la nostra esistenza, schizzando tutt’attorno strane particelle subatomiche di ogni genere. I primi esperimenti erano tentativi di manipolare la velocità di questa impastatrice, per poter controllare quegli schizzi.»

«Per fare meno pasticci, insomma.»

«E anche per alleviare gli effetti collaterali degenerativi. Hanno avuto successo: gli effetti avversi sono diminuiti e qualcosa di straordinario ha preso il loro posto.»

Painter capì che stavano arrivando al nocciolo della questione.

Arma si chinò verso di loro. «Al posto della degenerazionedei tessuti biologici, gli scienziati nazisti hanno cominciato a notare miglioramenti: crescita accelerata nelle muffe, gigantismo nelle felci, riflessi più rapidi nei rospi e intelligenza maggiore nei ratti. Data la loro coerenza, i risultati non potevano essere attribuiti soltanto a mutazioni casuali. E sembrava che negli animali di ordine più elevato i vantaggi dell’esposizione fossero maggiori.»

«Perciò sono passati agli esperimenti sugli esseri umani», aggiunse Painter.

«Mantenga una prospettiva storica, signor Crowe. I nazisti erano convinti che avrebbero dato origine a una razza superiore e d’un tratto si sono ritrovati davanti uno strumento per farlo entro una sola generazione. L’etica non presentava vantaggi. C’era un imperativo maggiore.»

«Creare una razza che potesse dominare il mondo.»

«Così credevano i nazisti. A quello scopo, hanno dedicato molti sforzi per far progredire le ricerche sulla Campana, ma il tempo a loro disposizione terminò. La Germania capitolò. Tuttavia la Campana è stata evacuata, così da poter proseguire la ricerca in segreto. Era la grande speranza del Terzo Reich: l’opportunità, per la razza ariana, di rinascere, di risorgere e dominare il mondo.»

«E Himmler ha scelto questo luogo», disse Painter. «Nel bel mezzo dell’Himalaya. Che follia…» Scosse la testa.

«Molte volte è più la folliache il genioa far avanzare il mondo. Chi, se non i folli, si spingerebbe tanto in là, puntando all’impossibile e, così facendo, provando che è possibile?»

«E a volte inventando semplicemente i più efficienti strumenti di genocidio.»

Anna sospirò.

Lisa riportò la discussione sul tema originario. «Che ne è stato degli studi sugli esseri umani?»

«Negli adulti gli effetti erano ancora nocivi, specialmente alle regolazioni più alte. Ma la ricerca non si è fermata lì: quando i fetivenivano esposti mentre erano ancora nell’utero, tra i neonati esposti uno su sei mostrava notevoli miglioramenti: alterazioni del gene della miostatina generavano bambini con muscoli più sviluppati. Altri vantaggi erano una vista più acuta, una migliore coordinazione tra mano e occhio e uno straordinario quoziente intellettivo.»

«Superbambini», commentò Painter.

«Purtroppo quei bambini raramente superavano i due anni», proseguì Anna. «Ben presto cominciavano a degenerare: diventavano pallidi, i tessuti si cristallizzavano, le dita delle mani e dei piedi diventavano necrotiche e si staccavano.»

«Interessante», commentò Lisa. «Sembra che siano gli stessi effetti collaterali della prima serie di test.»

Painter le lanciò un’occhiata. Aveva davvero detto interessante? Lisa fissava Anna con uno sguardo affascinato. Come faceva a mantenere un atteggiamento esclusivamente clinico? Poi notò che il ginocchio sinistro di Lisa si muoveva nervosamente su e giù sotto il tavolo. Vi posò una mano per fermarlo. Lei tremò quando lui la toccò, ma mantenne un’espressione impassibile. Painter capì che quell’ interessamentoera simulato. Lisa stava reprimendo tutto l’orrore e la rabbia. Si mostrava conciliante con Anna per consentire a lui di fare qualche domanda utile a ottenere le risposte di cui avevano bisogno. Come in un interrogatorio, si erano divisi i ruoli di poliziotto buono e poliziotto cattivo.

Painter le diede una stretta al ginocchio, riconoscente per i suoi sforzi.

Lisa proseguì la messa in scena. «Ha detto che un bambino su sei mostrava questi miglioramenti di breve durata. E gli altri cinque?»

«Nascevano morti o con mutazioni letali. Oppure morivano le madri.»

«E chi erano tutte queste madri?» chiese Painter, esprimendo lo sdegno di entrambi. «Non volontarie, presumo.»

«Non esprima giudizi troppo duri, signor Crowe. Conosce il livello di mortalità infantile nel suo Paese? È peggiore di quello di alcuni Paesi del Terzo Mondo. Qual è il vantaggio che recano quelle morti?»

Oh, per amor di Dio, non poteva dire sul serio! Era un paragone ridicolo.

«I nazisti avevano un loro imperativo», proseguì Anna. «Quantomeno erano coerenti.»

Painter cercò le parole adatte per maledirla, ma la rabbia gli bloccò la lingua.

Fu Lisa a intervenire, stringendo forte la mano che lui aveva appoggiato sul suo ginocchio. «Presumo che questi scienziati abbiano cercato modi per affinare la Campana, eliminando gli effetti collaterali.»

«Naturalmente, ma alla fine della guerra non c’erano ancora molti progressi. C’è soltanto un caso aneddotico di pieno successo. Un bambino ritenuto perfetto. Prima di lui, tutti i bambini nati sotto la Campana presentavano leggere imperfezioni: perdita di pigmentazione in alcune aree del corpo, asimmetria degli organi, occhi di colore diverso.» Anna lanciò uno sguardo fugace a Gunther. «Ma quel bambino sembrava senza difetti. Anche una rudimentale analisi del suo genoma confermò che era impeccabile. Ma la tecnica impiegata per raggiungere quei risultati è sconosciuta: il responsabile della ricerca ha eseguito quell’ultimo esperimento in segreto. Quando mio nonno è andato a prelevare la Campana, lui si è opposto e ha distrutto tutti i suoi appunti personali di laboratorio. Il bambino è morto poco tempo dopo.»

«Per gli effetti collaterali?»

«No, la figlia del responsabile si è affogata assieme al bambino.»

«Perché?»

Anna scosse il capo. «Mio nonno rifiutava di parlarne. Come dicevo, è un caso aneddotico.»

«Come si chiamava quel ricercatore?» chiese Painter.

«Non ricordo, ma posso andare a verificarlo, se vuole.»

Painter scrollò le spalle. Se solo avesse potuto accedere ai computer della Sigma… Intuiva che dietro la storia del nonno di Anna si nascondeva qualcos’altro.

«E dopo l’evacuazione?» chiese Lisa. «La ricerca è continuata qui?»

«Sì. Per quanto isolati, abbiamo continuato a tenerci aggiornati sui progressi ottenuti nella comunità scientifica. Dopo la guerra, gli scienziati nazisti si erano dispersi e molti erano impegnati in progetti segretissimi in ogni parte del mondo: Europa, Unione Sovietica, Sud America, Stati Uniti. Erano le nostre orecchie e i nostri occhi all’estero, ci fornivano informazioni selezionate. Alcuni credevano ancora nella causa, altri erano ricattati per il loro passato.»

«Insomma, vi siete tenuti aggiornati.»

«Nei due decenni successivi sono stati compiuti grandi passi avanti. Sono nati superbambini che sono vissuti più a lungo. Sono stati istruiti come principi, qui. Hanno avuto il titolo di Ritter des Sonnenkönigs, Cavalieri del Re-Sole, in quanto nati dal progetto Sole Nero.»

«Molto wagneriano», commentò Painter, in tono derisorio.

«Forse. A mio nonno piacevano le tradizioni. Ma le devo dire che tutti i soggetti sperimentali qui al Granitschloßerano volontari.»

«Sì, ma è stata una scelta morale oppure semplicemente non c’erano ebrei a portata di mano, sull’Himalaya?»

Anna non degnò il suo commento di una risposta e proseguì: «Se da una parte i progressi erano assodati, dall’altra i Sonnenkönigecontinuavano a essere afflitti da problemi degenerativi. I primi sintomi si presentavano ancora attorno ai due anni, ma in forma più lieve. Dalla degenerazione acuta si era passati a una forma cronica. Alla maggiore longevità, però, si è associato un nuovo sintomo: il deterioramento mentale, cioè paranoia acuta, schizofrenia e psicosi».

«Questi ultimi sintomi ricordano quanto è avvenuto ai monaci, al monastero», commentò Lisa.

«Dipende tutto dal grado dell’esposizione e dall’età», spiegò Anna. «I bambini esposti nell’utero a un livello controllato di radiazioni quantiche presentavano miglioramenti, seguiti da una degenerazione cronica per tutta la vita. Mentre gli adulti, come Painter e me, esposti a dosi moderatedi radiazioni incontrollate sono colpiti da una forma più acuta della stessa degenerazione, un declino più rapido. I monaci, invece, esposti a un livello elevatodi radiazioni, sono passati immediatamente allo stato di degenerazione mentale.»

«E i Sonnenkönige?» chiese Painter.

«Come nel nostro caso, non c’era cura per la loro malattia. In effetti, mentre noi possiamo sperare di avere un aiuto dalla Campana, i Sonnenkönigesono immuni: sembra che, essendovi stati esposti in tenera età, siano resistenti a qualsiasi altra manipolazione da parte della Campana, in meglio o in peggio.»

«Perciò quando sono impazziti…» Painter s’immaginò orde di superuomini impazziti che devastavano il castello.

«Una tale condizione era una minaccia per la nostra sicurezza. I test su soggetti umani sono stati interrotti.»

Painter non riuscì a nascondere la sorpresa. «Avete abbandonato la ricerca?»

«Non esattamente. I test su soggetti umani erano già uno strumento inefficiente per la sperimentazione. Ci voleva troppo tempo per valutare i risultati. Sono stati impiegati nuovi modelli: razze modificate di topi, tessuti fetali in vitro, cellule staminali. Grazie alla mappatura del genoma umano, i test del DNA sono diventati un metodo più rapido per valutare i progressi. Abbiamo accelerato i tempi. Ho il sospetto che, se riavviassimo il progetto Sonnenkönigeoggi, otterremmo risultati nettamente migliori.»

«Allora perché non ci avete riprovato?»

Anna scrollò le spalle. «Continuiamo a riscontrare demenza nei nostri topi, il che è preoccupante; ma, soprattutto, abbiamo abbandonato gli studi sugli esseri umani perché nell’ultimo decennio i nostri interessi hanno assunto una natura più clinica. Non ci consideriamo più i precursori di una razza superiore. Crediamo che il nostro lavoro possa apportare benefici all’umanità nel suo complesso, una volta perfezionato.»

«Allora perché non uscite allo scoperto, adesso?»

«Per essere vincolati dalle leggi delle nazioni e degli ignoranti? La scienza non è un processo democratico. I limiti morali non farebbero che rallentare di dieci volte i nostri progressi, il che non è accettabile.»

Painter dovette trattenersi. Sembrava che qualche atteggiamento nazista continuasse a fiorire, da quelle parti.

«Che ne è stato dei Sonnenkönige?» chiese Lisa.

«È una storia tragica. Molti sono morti per patologie degenerative, ma ancora di più hanno dovuto subire l’eutanasia, quando le loro menti cominciavano a deteriorarsi. Alcuni, però, sono sopravvissuti. Per esempio Klaus, che avete conosciuto.»

Painter ripensò al guardiano gigante e ricordò l’arto e il volto semiparalizzati dell’uomo, segni della degenerazione. Poi guardò Gunther. L’uomo sostenne il suo sguardo con espressione imperscrutabile. Un occhio blu, l’altro completamente bianco. Un altro Sonnenkönig.

«Gunther è l’ultimo a essere nato qui.»

Anna indicò la propria spalla e fece un cenno all’uomo.

Lui corrugò la fronte, ma poi si arrotolò la manica sino a mostrare la parte superiore del braccio, svelando un tatuaggio nero.


«Il simbolo dei Sonnenkönige», commentò Anna. «Un marchio di orgoglio, dovere e qualità.»

Gunther abbassò la manica.

Painter ritornò con la mente al viaggio della notte precedente sullo slittino, al commento sprezzante diretto a Gunther da una delle guardie. Com’era quella parola? Leprakönig, re lebbroso. Evidentemente era rimasto ben poco rispetto per gli ex Cavalieri del Re-Sole. Quel bestione era l’ultimo della categoria, e stava lentamente degenerando sino all’oblio. Chi l’avrebbe ricordato?

Lo sguardo di Anna si soffermò su Gunther, prima di rivolgersi nuovamente a loro.

Forse almeno una persona l’avrebbe pianto.

Lisa prese di nuovo la parola, continuando a tenere la mano di Painter. «Deve ancora chiarire una cosa. La Campana, come fa a causare queste mutazioni? Lei ha detto che erano troppo coerenti per essere casuali.»

«Esatto. Le nostre ricerche non si sono limitate agli effettidella Campana: gran parte dei nostri studi si è concentrata su comefunziona.»

«Avete fatto molti progressi in questo senso?» chiese Painter.

«Naturalmente. Di fatto, siamo ormai certi di capire i principi essenziali del suo funzionamento.»

Painter batté le palpebre per la sorpresa. «Davvero?»

Anna inarcò un sopracciglio. «Pensavo che fosse ovvio.» Guardò alternativamente Painter e Lisa. «La Campana controlla l’evoluzione.»

Riserva di Hluhluwe-Umfolozi,

ore 05.45

«Chi è?» ripeté Khamisi, fermo sulla soglia di casa. C’era qualcuno nascosto in camera da letto.

O forse era un animale. Le scimmie s’intrufolavano sempre nelle case, a volte anche animali più grossi.

Comunque lui non aveva nessuna intenzione di entrare. Si sforzava di vedere qualcosa, ma le tende erano tutte tirate. Dopo il viaggio in auto sotto il sole abbagliante, la penombra della casa era paragonabile all’oscurità della giungla.

Sempre fermo sulla veranda, Khamisi allungò la mano attraverso la porta, in cerca dell’interruttore. A tentoni, lo trovò e lo fece scattare. Si accese un’unica lampada, illuminando l’ingresso e il cucinino. Ma quella luce non lo aiutava in nessun modo a scoprire chi o cosa l’aspettasse nella stanza da letto.

Sentì altri rumori provenire da laggiù.

«Chi…»

Una dolorosa puntura al collo troncò le sue parole. Spaventato, si lanciò in avanti, mentre con una mano cercava di colpire ciò che l’aveva morso. Sentì qualcosa di piumato sotto le dita, conficcato nel collo. Lo estrasse e lo fissò incredulo per un istante.

Era una piccola freccia, di quelle che usava anche lui per sedare i grossi animali.

Ma era diversa.

Gli cadde dalle mani.

Quell’istante fu sufficiente alla tossina per raggiungere il suo cervello. Il mondo si rovesciò. Khamisi si sforzò di mantenere l’equilibrio, invano.

L’assito del pavimento cominciò a precipitare verso la sua faccia.

Riuscì a trattenersi leggermente, ma l’impatto fu comunque forte. Vide un diluvio di puntini di luce in un’oscurità crescente. La testa si adagiò al suolo. Da quell’angolazione, vide un pezzo di corda sul pavimento. Cercò di mettere a fuoco. Non è una corda.

Era un serpente. Lungo tre metri.

Lo riconobbe immediatamente.

Mamba nero.

Era morto, tagliato a metà. Lì accanto c’era un machete. Il suomachete.

Sentì gli arti intorpiditi e freddi, mentre gli appariva evidente l’amara verità.

La freccia avvelenata.

Non era come quelle che usava lui: aveva duepunte, come i denti di un serpente.

Il suo sguardo si bloccò sul rettile morto.

Una messa in scena: morto avvelenato per un morso di serpente.

Dalla camera da letto arrivò un altro scricchiolio di tavole. Gli restava a malapena la forza per voltarsi in quella direzione. Sulla porta c’era una sagoma scura, illuminata dalla lampada, che lo studiava, impassibile.

No.

Non aveva senso.

Perché?

Non avrebbe mai saputo la risposta.

L’oscurità lo avvolse, portandoselo via.


    Ваша оценка произведения:

Популярные книги за неделю