Текст книги "Joyland"
Автор книги: Stephen Edwin King
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Ужасы
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«Certo.»
«A Joyland c’è un tunnel dell’orrore, il Castello del Brivido. La vecchia Roz-roz ne sta alla larga. Non le vanno a genio i pupazzi che saltano su e la Sala delle Torture e le urla registrate, ma in realtà ha paura che sia davvero infestato dagli spiriti.»
«Sicuro?»
«Sì, e non è la sola. Molti che lavorano qui giurano di avere visto lo spettro di una ragazza.»
«Mi stai prendendo in giro?» La solita domanda di chi è in preda allo sbalordimento. Capivo che stava dicendo sul serio.
«Ti racconterei tutta la storia, ma la mia pausa è finita. Devo sostituire un paio di antenne dei Bolidi Infernali e verso le tre arriveranno i responsabili della sicurezza a controllare il Muro del Tuono. Quei tizi sono dei veri rompipalle. Chiedilo a Emmalina Shoplaw. Su Joyland lei conosce più segreti di me. È un’esperta di questo posto. In confronto, io sono un novellino.»
«Non è uno scherzo? Che so, una specie di fiore di plastica con il quale vi divertite a spruzzare i nuovi assunti?»
«Ti pare che stia scherzando?»
No di certo, però sembrava divertirsi parecchio. Mi strizzò persino l’occhio. «Non esiste parco divertimenti degno di questo nome senza un fantasma. Magari lo vedrai anche tu. Di sicuro i bifolchi non ci riusciranno mai. Adesso schizza via, bello. Procurati una sistemazione prima di riprendere la corriera per Wilmington. Scommetto che dopo mi ringrazierai.»
♥
Con un nome come Emmalina Shoplaw era difficile non immaginarsi una padrona di casa rubizza e prosperosa uscita da un romanzo di Charles Dickens, sempre indaffaratissima e capace di uscirsene con esclamazioni tipo: «Che il Signore ci salvi!» Avrebbe servito tè e dolcetti sotto lo sguardo compiaciuto di una combriccola di tizi stravaganti ma di buon cuore; forse mi avrebbe persino pizzicato la guancia mentre eravamo seduti ad arrostire le castagne su un fuocherello scoppiettante.
Però, nel nostro universo raramente otteniamo ciò che immaginiamo e la donna che rispose al campanello era alta, sulla cinquantina, senza seno e pallida come un pupazzo di neve. In una mano aveva un antiquato posacenere a sacchetto e nell’altra una sigaretta fumante. Spessi boccoli castano chiaro le coprivano le orecchie, rendendola simile alla versione invecchiata della principessa di una fiaba dei fratelli Grimm. Le spiegai il motivo della mia visita.
«E così lavorerà a Joyland. Be’, meglio che entri. Ha delle referenze?»
«No, non per un affitto, vivo nel dormitorio. Però ho una raccomandazione da parte del responsabile della mensa all’UNH, che è…»
«So che cos’è l’Università del New Hampshire, non sono nata ieri.» Mi fece accomodare nel salotto, uno stanzone che attraversava l’intera casa, stipato di mobili scompagnati e in cui troneggiava un enorme televisore da tavolo. La donna lo indicò. «È a colori. I miei inquilini possono usufruire di stanza e televisione a loro piacimento, fino alle dieci nei giorni feriali e a mezzanotte nei fine settimana. Di tanto in tanto mi unisco a loro per un film o la partita di baseball del sabato pomeriggio. Preparo i popcorn oppure ordiniamo una pizza. È uno sfizio.»
Uno sfizio, pensai. E in effetti sembrava sfizioso.
«Mi dica, signor Jones, lei beve e diventa molesto? A differenza di altri, ritengo un simile comportamento incivile.»
«No, signora.» Bevevo un pochino, ma raramente davo fastidio. Dopo un paio di birre, di solito mi veniva sonno.
«Credo sia inutile chiederle se fa uso di stupefacenti, perché in ogni caso mi risponderebbe di no. Naturalmente, è un vizio che prima o poi salta fuori, e quando succede in genere invito l’inquilino a trovarsi una nuova sistemazione. Non tollero neanche l’erba, d’accordo?»
«Sì.»
Mi scrutò a fondo. «Non ha l’aria di uno che si fa le canne.»
«No, non lo sono.»
«Ho posto per quattro ospiti. Finora solo uno è occupato, dalla signorina Ackerley, una bibliotecaria. Sono camere singole, però molto più belle di quelle di un normale motel. Per lei pensavo a una stanza del primo piano. Ha il bagno e la doccia, a differenza di quelle al secondo. E anche una scala esterna, che risulta comoda se ha qualche amica fra il gentil sesso. Non ho nulla in contrario, del resto anch’io faccio parte del gentil sesso e si può ben dire che sia amichevole. Per caso ha una fidanzatina?»
«Sì, ma quest’estate lavorerà a Boston.»
«Be’, forse incontrerà qualcuno qui. Come dice una canzone, l’amore è a portata di mano.»
Mi limitai a sorridere. Nella primavera del 1973, non potevo concepire di amare altri che Wendy Keegan.
«Immagino che abbia un’auto. Sul retro ci sono solo due posti per quattro inquilini; come ogni estate, chi primo arriva meglio alloggia. Lei è arrivato adesso e per il momento mi sta bene. Se scoprirò che le cose stanno diversamente, la pregherò di tornarsene da dove è venuto. Le pare un accordo onesto?»
«Sì, signora.»
«Bene, visto che lo è. Avrò bisogno delle solite sciocchezze: due mesi anticipati e una cauzione.» Anche la cifra era equa. Comunque, avrebbe scavato una profonda voragine nel mio conto fiduciario della First New Hampshire.
«Un assegno va bene?»
«È coperto?»
«Dovrebbe.»
La signora Shoplaw gettò all’indietro la testa, scoppiando a ridere. «Allora lo accetterò, sempre che voglia ancora la stanza dopo averla vista.» Spense il mozzicone e si alzò. «Tra parentesi, di sopra è proibito fumare, per via dell’assicurazione. E anche qui lo sarà, non appena arriverà il resto degli affittuari. È una questione di semplice cortesia. Sa che il vecchio Easterbrook sta estendendo lo stesso divieto all’intero parco?»
«L’ho sentito dire. Probabilmente gli incassi ne soffriranno.»
«Forse, all’inizio. Poi risaliranno. Sono pronta a scommetterci: lui è uno scaltro, un figlio del carrozzone.» Pensai di chiederle di spiegarsi meglio, ma era già passata ad altro. «Allora, diamo un’occhiata alla camera?»
Una sbirciatina mi bastò per capire che andava bene.
Il letto era grande e, ancora meglio, la finestra si affacciava sull’oceano. Il bagno era una presa in giro, così microscopico che sedendo sulla tazza mi sarei ritrovato con i piedi nella doccia, ma gli studenti universitari con le tasche piene di ragnatele non possono fare gli schizzinosi. E la vista era il fattore decisivo. Dubitavo che i ricconi ne godessero di una migliore, dalle loro case di villeggiatura lungo Beach Row. Mi immaginai di portare lì Wendy, per ammirare il panorama, e poi… dentro il lettone con il tranquillo, costante rumore della risacca…
Lo avremmo fatto, finalmente.
«La voglio», esclamai, sentendomi arrossire. Non mi riferivo soltanto alla stanza.
«L’ho capito dall’espressione che ha in faccia», rispose lei, quasi mi avesse letto nel pensiero. Allargò le labbra in un sorriso così grande da avvicinarsi a un personaggio di Dickens, nonostante le tette piallate e il colorito pallido. «Un piccolo nido. Non è la reggia di Versailles, ma è tutto suo. È un po’ diverso dalla stanza di un dormitorio, persino da una singola.»
«Assolutamente sì», ammisi. Mi venne in mente che avrei dovuto convincere mio padre a mettermi altri cinquecento dollari sul conto, in modo da non finire in rosso prima che fosse arrivato lo stipendio. Avrebbe brontolato ma poi si sarebbe arreso. Pregai di non essere costretto a giocarmi la carta della mamma defunta. Era morta da quasi quattro anni, ma papà custodiva una decina di sue fotografie nel portafoglio e portava ancora la fede.
«Un lavoro e un appartamento tutti tuoi», continuò la donna con un tono sognante. «Non trovi che sia stupendo, Devin? Posso darti del tu?»
«Certo, e mi chiami Dev.»
«D’accordo.» Diede un’occhiata alla piccola camera con il soffitto inclinato (era sotto uno spiovente) e sospirò. «È un entusiasmo di breve durata, ma quando succede è magnifico. Quel senso di indipendenza… Credo che starai bene qui. Sembri fatto apposta per la vita di Joyland.»
«Lei è la seconda persona a dirmi una cosa del genere.» Poi ripensai alla conversazione con Lane Hardy nel parcheggio. «La terza, in realtà.»
«E scommetto che conosco gli altri due. Vuoi guardare meglio il resto? Lo so, il bagno non è granché, ma è sempre meglio che farla nel cesso di un dormitorio mentre un paio di tipi davanti ai lavabi scorreggiano e raccontano palle sulle ragazze con cui hanno pomiciato la sera prima.»
Scoppiai in una fragorosa risata, imitato da Emmalina Shoplaw.
♥
Scendemmo dalla scala esterna. «Come se la passa Lane Hardy?» mi chiese lei, arrivati al pianterreno. «Porta sempre quella stupida berretta?»
«A me è sembrata una bombetta.»
La donna fece spallucce. «Berretta, bombetta, che differenza c’è?»
«Lui sta bene, ma mi ha raccontato una storia…»
Emmalina mi fissò con il capo inclinato, abbozzando un sorriso.
«Mi ha rivelato che il tunnel dell’orrore di Joyland, il Castello del Brivido, è infestato dagli spettri. Gli ho chiesto se mi stesse prendendo in giro e mi ha risposto di no. Ha aggiunto che lei ne era a conoscenza.»
«Ma davvero?»
«Sì. E che riguardo al parco ne sa più di lui.»
«Be’, diciamo che ho una discreta esperienza in materia», replicò, sfilando un pacchetto di Winston dalla tasca dei pantaloni. «Prima di morire di infarto, mio marito ci lavorava come capocantiere. Quando si è scoperto che la sua assicurazione sulla vita era una truffa, e per di più spolpata fino all’osso, ho iniziato ad affittare i due piani superiori della casa. Cos’altro avrei dovuto fare? Era appena nata la nostra unica figlia, che adesso è su a New York, impiegata in un’agenzia pubblicitaria.» Accese la sigaretta e tirò una boccata. Il fumo le uscì dalle labbra insieme con uno sghignazzo. «La piccola sta anche cercando disperatamente di perdere l’accento del Sud, ma questo non c’entra. La nostra ridicola, gigantesca abitazione era il giocattolino preferito di Howard, e io gliel’ho sempre concesso. Almeno il mutuo è stato estinto. E poi mi piace rimanere legata al parco, perché è come se lui fosse ancora qui con me. Riesci a capirmi?»
«Certo.»
Mi squadrò attraverso una cortina di fumo che continuava ad aumentare, sorrise e scosse la testa. «No, non è vero. Apprezzo la tua cortesia, ma sei ancora un po’ troppo giovane.»
«Ho perso mia madre quattro anni fa. Mio padre è ancora in lutto. Continua a ripetere che era la sua unica ragione di vita. Se non altro, io ho l’università a cui pensare, e una ragazza. Papà vaga per una casa che per lui è decisamente enorme. Sappiamo benissimo che dovrebbe venderla e comperarne una più vicina a dove lavora, ma non vuole andarsene. E allora, sì, capisco che cosa significa.»
«Mi dispiace per tua mamma. A volte farei meglio a tenere chiusa questa mia boccaccia. Devi prendere la corriera delle cinque e dieci?»
«Sì.»
«Seguimi in cucina. Ti preparerò un toast al formaggio e riscalderò nel microonde della zuppa di pomodoro. Hai tempo da vendere. E mentre mangi ti racconterò la triste vicenda dello spettro di Joyland, a patto che ti vada di ascoltarla.»
«Ma allora ci sono davvero i fantasmi?»
«Non ne sono sicura, perché non mi sono mai avventurata in quello stupido tunnel dell’orrore. Di certo, però, c’è un omicidio di mezzo.»
♥
La zuppa era della Campbell e arrivava direttamente dalla lattina, ma il formaggio era il mio preferito e aveva un sapore delizioso. La donna mi versò un bicchiere di latte, insistendo che lo bevessi. Ero un ragazzo nel pieno dello sviluppo, sottolineò. Si sedette davanti a me con il suo piatto di zuppa ma senza toast («Devo conservare il mio figurino») e cominciò a raccontare. Alcune delle informazioni venivano dai quotidiani e dai telegiornali.
I particolari più succulenti le erano stati riferiti dalle sue numerose conoscenze a Joyland.
«È successo quattro anni fa, credo all’epoca della morte di tua madre. Ogni volta che ci ripenso, sai che cosa mi ritorna subito in mente? La camicia dello sconosciuto. E i suoi guanti. Roba da brividi, perché significa che aveva progettato tutto.»
«Sono entrato a metà film?» chiesi.
La signora Shoplaw rise di gusto. «Sì, andiamo con ordine. Il tuo presunto fantasma si chiama Linda Gray. Era una ragazza di Florence, Carolina del Sud. Ha trascorso l’ultima notte della sua esistenza terrena al Luna Inn,a meno di un chilometro giù lungo la spiaggia, insieme con il fidanzato; sempre che lo fosse, visto che la polizia ha passato al setaccio il suo giro di amicizie e non ne ha trovato traccia. Sono entrati a Joyland la mattina successiva intorno alle undici. Lui ha acquistato due giornalieri, pagando in contanti. Si sono fatti un paio di giri sulle giostre e appena dopo l’una hanno pranzato da Aragosta Rock,il ristorante di pesce vicino all’auditorium. Sai come determinano l’ora esatta della morte… in base al contenuto dello stomaco e così via…»
«Sì.» Avevo divorato il toast e ci stavo dando dentro con la zuppa. Quella storia non mi stava per nulla rovinando l’appetito. Avevo ventun anni, non dimenticatelo, e in fondo al cuore ero sicuro che non sarei mai morto, anche se probabilmente vi avrei detto il contrario. Neanche la triste fine di mia madre era stata in grado di far vacillare quell’assoluta certezza.
«Le ha offerto da mangiare, poi l’ha portata sulla Ruota del Sud, una robetta tranquilla che non disturba la digestione, e alla fine nel Castello del Brivido. Sono entrati insieme ma lui ne è uscito da solo. Circa a metà del giro, che in tutto dura una decina di minuti, le ha tagliato la gola, e poi l’ha gettata oltre la monorotaia su cui scorrono i vagoncini. L’ha buttata via come un sacco della spazzatura. Sapeva che si sarebbe sporcato; infatti si era infilato un paio di guanti gialli da lavoro e aveva indossato due camicie. Hanno scovato la prima, quella più zuppa di sangue, a un centinaio di metri dal cadavere, e poco oltre i guanti.»
Riuscivo a vederlo: il corpo, ancora caldo e palpitante, poi la camicia e per ultimi i guanti. Nel frattempo, l’assassino resta immobile e termina la corsa. La signora Shoplaw non aveva torto: era veramenteroba da brividi.
«Prima di scendere e svignarsela, ha asciugato la carrozza con la camicia, che è stata ritrovata fradicia, ma non è riuscito a pulirla completamente. Uno degli Aiutanti ha notato delle macchie sul sedile quando non era ancora iniziato il nuovo giro, e le ha strofinate via senza pensarci. Non è così insolito vedere del sangue in un luna park; in genere è colpa di un bambino che si eccita troppo e comincia a zampillare dal naso come una fontana. Anche tu te ne renderai conto. Assicurati solo di indossare dei guanti quando pulisci, per via delle malattie. Li trovi nelle varie infermerie di cui è pieno il parco.»
«Nessuno si è accorto che è uscito dal tunnel dell’orrore senza la fidanzata?»
«Nossignore. Era metà luglio, in piena stagione, e quel posto si era trasformato nella solita gabbia di matti. Hanno trovato il cadavere solo all’una di notte, ben dopo la chiusura e quando erano già stati accesi i riflettori per la corvè del Castello del Brivido. Una settimana al mese, tutti i gruppi di Allegri Aiutanti si occupano della pulizia del loro settore. Meglio fare scorta di sonno in anticipo, perché quel turno è una vera rottura di scatole.»
«La gente ha continuato a passarle di fianco senza vederla fino alla chiusura del parco?»
«Se qualcuno l’ha notata, ha pensato che facesse parte dello spettacolo. Ma è più facile che sia rimasta inosservata. Il Castello del Brivido è un’attrazione al coperto e al buio, l’unica di Joyland. In altri posti ce ne sono di più.»
Al buio.Quella definizione mi fece venire la pelle d’oca, ma non così tanto da impedirmi di finire la zuppa. «Nessuno è stato in grado di descrivere l’assassino? Neppure il cameriere che li ha serviti al ristorante?»
«Avevano di meglio, addirittura delle fotografie, che la polizia si è premurata di fornire ai quotidiani e alle stazioni televisive.»
«E come se le sono procurate?»
«Grazie alle Sirene di Hollywood. Ce n’è sempre una decina intorno quando Joyland funziona a pieno ritmo. Al parco non c’è mai stato niente di lontanamente simile a uno spettacolo di spogliarello, ma il vecchio Easterbrook ha un’esperienza secolare nel campo delle fiere paesane. Sa che al pubblico piace una spruzzata di sesso insieme con i giri in giostra e gli hot dog in pastella. Ogni gruppo di Allegri Aiutanti ha la sua Sirena. Anche il tuo ne avrà una, e dovrete farle da fratelli maggiori in caso qualcuno decidesse di importunarla. Scorrazzano in giro con striminziti vestitini verdi, scarpe col tacco verdi e frivoli cappellini, pure verdi: mi fanno sempre venire in mente Robin Hood e i suoi compagni della foresta. Solo che in questo caso sono compagne, ma non importa. Sono armate di macchine fotografiche a soffietto, come quelle di una volta, e immortalano i bifolchi.» La donna si fermò per un istante. «Ma ti sconsiglio di chiamare così i frequentatori del parco.»
«Mi ha già avvisato il signor Dean.»
«Ci avrei giurato. Comunque, le Sirene hanno la missione di concentrarsi sulle famiglie e sulle coppiette sopra i ventun anni. In genere i ragazzi più giovani non sono interessati alle foto ricordo e preferiscono spendere i loro soldi ai baracchini e nelle sale giochi. La faccenda funziona così: le Sirene prima scattano e poi si avvicinano.» Improvvisò una vocetta languida alla Marilyn Monroe. «Salve, io sono Karen, benvenuti a Joyland! Se volete una copia della foto, datemi il vostro nome e ritiratela al chiosco sulla Strada del Segugio mentre uscite dal parco.»
«Una di loro ha beccato Linda Gray e il fidanzato al Tirassegno di Buffalo Bill, ma quando si è avvicinata, lui l’ha trattata in malo modo, quasi spintonandola via. La Sirena ha poi riferito alla polizia che le era sembrato sul punto di strapparle di mano la macchina, fracassandola a terra, se solo avesse pensato di farla franca. A sentirla, i suoi occhi mettevano i brividi: grigi e crudeli.» La signora Shoplaw sorrise, alzando le spalle. «Però dopo si è scoperto che il tipo indossava un paio di occhiali da sole. Certe ragazze sono un tantino melodrammatiche.»
Come se non lo sapessi. Renee, l’amica di Wendy, era capace di trasformare una visita di controllo dal dentista nel copione di un film dell’orrore.
«Quella foto era la migliore, ma non l’unica. Gli sbirri hanno controllato tutte le immagini della giornata, trovando Linda Gray e il suo amichetto sullo sfondo di almeno altre quattro. Fra queste, ce n’era una molto significativa dove sono in coda per le Tazze Ballerine e lo sconosciuto le tiene una mano sulle chiappe. Un gesto parecchio disinvolto per un tipo che né i genitori né gli amici di Linda avevano mai visto prima.»
«Peccato che a Joyland siano sprovvisti di telecamere a circuito chiuso. Questa estate la mia ragazza lavorerà a Boston, ai grandi magazzini Filene’s, e mi ha detto che lì ce n’è qualcuna e ne stanno aggiungendo di nuove. Per incastrare i taccheggiatori.»
«Prima o poi le piazzeranno dappertutto, come in quel romanzo di fantascienza con la psicopolizia, e non ci sarà da starne allegri. Però non le useranno mai per attrazioni tipo il Castello del Brivido. Neanche i modelli a raggi infrarossi, che servono per vedere al buio.»
«Perché no?»
«A Joyland non c’è un tunnel dell’amore, ma il Castello è senza dubbio il tunnel del palpeggio. Una volta mio marito mi ha raccontato che se la squadra di pulizie del turno di notte non trovava almeno tre paia di mutandine lungo la monorotaia era stata giornata fiacca.
«E in ogni caso la polizia disponeva della stupenda fotografia davanti al tirassegno. Praticamente un ritratto, pubblicato sui quotidiani e trasmesso in televisione per un’intera settimana. Fianco a fianco, vicini vicini, lui che le insegna a reggere il fucile, come fanno sempre i ragazzi. Tutti hanno visto quell’immagine, dalla Carolina del Nord a quella del Sud. Lei sorride, ma lui è così serio da mettere paura.»
«Con i guanti e il coltello in tasca per tutto il tempo», replicai, quasi affascinato dall’idea.
«Il rasoio.»
«Come?»
«Ha usato un rasoio a mano libera o simili, almeno secondo il medico legale. Comunque, c’è questa marea di foto, ma sai che capita? In nessuna lo si vede chiaramente in volto.»
«Colpa degli occhiali scuri.»
«Non solo. Aveva il mento nascosto da un pizzetto e un berretto da baseball con la visiera lunga, che teneva in ombra il resto della faccia. Avrebbe potuto essere chiunque, te compreso, solo che sei castano invece di biondo e non hai la testa di un uccello tatuata sul dorso della mano. Era un’aquila o un falco, chissà. Spiccava chiara come il sole nello scatto del tirassegno. Hanno pubblicato sui giornali un ingrandimento del tatuaggio per cinque giorni di fila, nella speranza che qualcuno lo riconoscesse, ma inutilmente.»
«Qualche indizio al motel dove avevano pernottato?»
«Niente di niente. Per la registrazione lui ha utilizzato una patente della Carolina del Sud, rubata un anno prima. Nessuno ha visto la ragazza. Probabilmente è rimasta ad aspettare in auto. Per una settimana le autorità non sono riuscite a identificarla, ma poi hanno diffuso un identikit, cercando di fare in modo che sembrasse addormentata, non morta e sgozzata. Qualcuno, se non ricordo male un’amica con la quale aveva preso il diploma da infermiera, l’ha visto, l’ha riconosciuta e ha informato i suoi genitori. Non posso neppure immaginare come si devono essere sentiti, arrivando qui in macchina e sperando fino all’ultimo di trovare all’obitorio una perfetta sconosciuta e non la luce dei loro occhi.» Emmalina scosse lentamente il capo. «I figli sono un azzardo. Ci hai mai riflettuto sopra, Dev?»
«Forse.»
«No, non l’hai fatto. Se sollevassero il lenzuolo di una barella e sotto ci fosse la mia bambina, di certo impazzirei.»
«Crede davvero che il tunnel dell’orrore sia infestato dal fantasma di Linda Gray?»
«Non saprei. Sull’aldilà non mi sono ancora fatta un’idea precisa. Penso che scoprirò tutto quando ci arriverò, e questo mi basta. Però molti di quelli che lavorano a Joyland giurano di averla vista in piedi vicino alla rotaia, con addosso i vestiti che portava quando l’hanno ritrovata: una gonna e una camicetta senza maniche, entrambe azzurre. Osservando solo le foto distribuite dalla polizia, nessuno si sarebbe accorto dei colori, perché la pellicola delle macchine a soffietto delle Sirene è in bianco e nero. Più economica e semplice da sviluppare, probabilmente.»
«Magari negli articoli di giornale è stata menzionata la tinta degli abiti.»
La donna alzò le spalle. «Può essere. Non me lo ricordo. Però quasi tutti quelli che hanno visto il fantasma hanno aggiunto che portava un cerchietto azzurro per capelli, un particolare che non era contenuto in nessunpezzo di nessunquotidiano. L’hanno tenuto nascosto per almeno un anno, sperando di poterlo usare per incastrare un eventuale indiziato.»
«Secondo Lane, Linda Gray non appare mai ai bifolchi.»
«No, si presenta solo dopo la chiusura. Di solito la notano gli Allegri Aiutanti del turno di notte, ma se l’è trovata di fronte anche un responsabile della sicurezza venuto da Raleigh con cui ho bevuto qualcosa al bar di qui. Mi ha assicurato che la ragazza era lì, in piedi, durante il suo giro di ispezione. Ha pensato che fosse un nuovo manichino, finché non ha sollevato le braccia verso di lui, più o meno così.»
La signora Shoplaw sporse in avanti le mani, i palmi all’insù come in un gesto di supplica.
«Ha aggiunto che la temperatura sembrava essersi abbassata di almeno cinque gradi. Una sacca di aria fredda, l’ha definita. Quando si è girato per guardarla meglio, lei era già scomparsa.»
Mi tornò in mente Lane, con i suoi jeans attillati, gli stivali spelacchiati e la bombetta sulle ventitré da bullo di strada. La verità o un mucchio di stronzate?mi aveva chiesto. Sogno o son desto?Probabilmente quella dello spettro era una bufala, anche se speravo il contrario e di riuscire a vederlo. Sarebbe stata una bellissima storia da raccontare a Wendy, e in quei giorni non facevo che pensare a lei. Se mi compro questa camicia, a Wendy piacerà? Se scrivo un racconto su una ragazza che viene baciata per la prima volta mentre cavalca, potrebbe apprezzarlo? Se mi appare il fantasma di una giovane uccisa da uno sconosciuto, ne sarà affascinata? Magari a tal punto da venire a trovarmi per vederlo con i propri occhi?
«Sei mesi dopo il ritrovamento del cadavere, il News and Courierdi Charleston ha pubblicato un articolo di approfondimento», continuò Emmalina. «Secondo il pezzo, dal 1961 a oggi ci sono stati quattro omicidi simili in Georgia e in Carolina. Tutte ragazze. Una accoltellata, le altre tre sgozzate. Il cronista ha fatto ammettere a un poliziotto che potevano essere state ammazzate dallo stesso assassino di Linda Gray.»
«Attenti al Killer del Castello del Brivido!» esclamai con un tono baritonale da annunciatore televisivo.
«Proprio come l’ha battezzato la stampa. Accidenti, avevi una gran fame. Poco mancava che ti mangiassi anche la scodella. Forza, staccami quell’assegno e corri alla stazione, se non vuoi passare la notte sul mio divano.»
Che, tra parentesi, aveva l’aria piuttosto comoda, ma non vedevo l’ora di tornarmene su al Nord. Le vacanze erano agli sgoccioli, l’università sarebbe ricominciata e io avrei riabbracciato Wendy.
Tirai fuori di tasca il blocchetto, vi feci uno scarabocchio e così affittai una stanza con una splendida vista sull’oceano che Wendy Keegan, la mia fidanzatina, non ebbe mai occasione di assaporare. Ci passai molte notti insonni, con Jimi Hendrix e i Doors diffusi a basso volume dallo stereo, meditando sull’ipotesi del suicidio. Erano ragionamenti stupidi e immaturi, le fantasie di un ragazzo con troppa immaginazione e il cuore spezzato… o almeno me la racconto così dopo un bel po’ di anni, ma chi può dirlo?
Quando c’è in ballo il passato, tuttidiventiamo romanzieri.
♥
Chiamai Wendy dalla stazione dei pullman, ma la sua matrigna Nadine mi comunicò che era uscita con Renee. Riprovai non appena arrivato a Wilmington, ma non era ancora rientrata. Chiesi a Nadine se aveva idea di dove fossero andate. Lei mi rispose di no. Mi trattò come se fossi l’interlocutore telefonico più noioso della giornata.
O forse dell’anno. O magari della sua intera vita. Andavo d’accordo con il padre di Wendy, ma Nadine Keegan e io non ci eravamo mai piaciuti.
Alla fine, ormai a Boston, la trovai in casa. Aveva la voce assonnata, nonostante fossero solo le undici, che è appena sera per la maggior parte degli studenti universitari durante le vacanze. Le dissi che mi avevano assunto.
«Evviva evviva», replicò Wendy. «Stai arrivando?»
«Sì, tempo di salire in auto.» A patto di non avere una ruota a terra. In quei giorni viaggiavo con le gomme perennemente lisce e mi sembrava sempre che una fosse sul punto di cedere. E quella di scorta?chiederete voi. Molto divertente, signori miei. «Potrei passare la notte a Portsmouth invece di tornare direttamente all’ovile, e vederti domani, se…»
«Pessima idea, Renee si ferma a dormire qui e Nadine non vuole altri ospiti fra i piedi. Sai quanto sia sensibileal riguardo.»
Al riguardo di chiunque, forse, ma non di Renee. Quelle due sembravano andare d’amore e d’accordo, pronte a consumare litri di caffè e a spettegolare sui divi del cinema come se fossero loro amici intimi. Mi trattenni dal farlo notare.
«Mi piacerebbe tantissimo chiacchierare con te, Dev, ma stavo per mettermi a letto. Ren e io abbiamo avuto una giornata molto impegnativa. Siamo andate in giro a fare spese e… altro.»
Non si dilungò su che cosa fosse quell 'altroe io decisi che non mi andava di domandarglielo. Un nuovo segnale della catastrofe imminente.
«Ti amo, Wendy.»
«Ti amo anch’io.» Con un tono di circostanza e poco convinto. È solo stanca, mi dissi.
Uscii da Boston, diretto a nord, con un innegabile senso di disagio. Colpa di come mi era sembrata? Della mancanza di entusiasmo? Non ero certo di volerlo sapere. Però non potevo fare a meno di chiedermelo. E lo stesso mi è successo negli ultimi anni, quando di lei mi sono rimasti solo il ricordo e una brutta cicatrice. È stata una persona che mi ha ferito, come talvolta le ragazze fanno con i loro coetanei. Una giovane donna di una vita che non è più la mia. Però, non riesco a non chiedermi dove fosse quel giorno. E se si trovava veramente in compagnia di Renee St. Clair. E che cosa fosse quell’ altro.
Potremmo disquisire a lungo sulle strofe più inquietanti della musica pop, ma secondo me il primo premio spetta a un vecchio pezzo dei Beatles, quando John Lennon canta «Preferirei vederti morta, piccola, piuttosto che al fianco di un altro». Potrei dirvi che non ho mai pensato a niente del genere dopo la fine della relazione con Wendy, ma mentirei. Non era un chiodo fisso, però il malanimo era lì, evidente e innegabile. Durante lunghe notti insonni, meditai che lei si sarebbe meritata qualcosa di brutto, ma brutto davvero, per come mi aveva trattato. Non che ne andassi orgoglioso, ma non riuscivo a frenarmi. E di solito subito dopo mi tornava in mente lo sconosciuto entrato nel Castello del Brivido a braccetto con Linda Gray. Lo sconosciuto con un uccello tatuato sul dorso della mano e un rasoio in tasca.
♥
Nella primavera del 1973 (l’ultimo anno della mia innocenza, con il senno di poi) ero in grado di vedere un futuro in cui Wendy Keegan era Wendy Jones… o forse Wendy Keegan Jones, in caso avesse voluto tenersi al passo con i tempi e conservare il cognome da nubile. Avremmo avuto una casa sulla riva di un lago, nel Maine o nel New Hampshire (o anche nella parte occidentale del Massachusetts), riempita dal festoso baccano di un paio di piccoli Keeganjones, dove avrei scritto libri che non avrebbero scalato le classifiche di vendita, ma che sarebbero stati ben recensiti (un particolare fondamentale),permettendoci di vivere più che dignitosamente. Wendy avrebbe realizzato il suo sogno di aprire una boutique di abbigliamento (anche quella molto ben recensita), io sarei diventato l’insegnante di qualche seminario di scrittura creativa e gli studenti migliori avrebbero fatto la fila per partecipare. Naturalmente non accadde nulla di tutto ciò e mi pare solo giusto che il nostro ultimo momento insieme sia stato nell’ufficio del professor George B. Nako, un uomo che non è mai esistito.