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Joyland
  • Текст добавлен: 9 октября 2016, 19:10

Текст книги "Joyland"


Автор книги: Stephen Edwin King


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Ужасы

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«Però le sue doti non sono state di grande aiuto al nipote», affermai.

Tina sfilò la mano dal sacchetto delle lettere. Era vuota. Per il momento si era dimenticata dello Scarabeo: una vera fortuna per le sue misere vittime. Le brillavano gli occhi. «Non conosci nessun particolare di questa storia, immagino. In genere non bado ai pettegolezzi, ma…» Il suo tono si fece confidenziale, appena più alto di un bisbiglio. «Ma visto che li hai incontrati, potrei anche vuotare il sacco.»

«Sì, per favore.» Probabilmente la risposta a una delle mie domande era già arrivata. Annie e Mike Ross si potevano permettere di vivere in una dimora vittoriana lungo la costa più alla moda della Carolina del Nord perché era la casa di villeggiatura di nonno Buddy, comperata grazie alle donazioni dei fedeli.

«Lui ha due figli maschi», proseguì Tina. «Occupano entrambi un posto di spicco all’interno della congregazione; sono diaconi o vicepastori, roba del genere, non sono molto ferrata in queste sciocchezze da baciapile. La figlia, invece, si rivelò subito diversa dai fratelli. Un tipo sportivo. Equitazione, tennis, tiro con l’arco, caccia al cervo in compagnia di papà e parecchie gare di tiro. Tutte informazioni pubblicate sui giornali dopo che iniziarono i guai.»

La maglietta di Camp Perry cominciava ad avere un senso.

«Compiuti i diciott’anni, il diavolo ci mise la coda; letteralmente, almeno secondo il padre. Lei decise di frequentare una di quelle che loro definiscono ‘università secolari umaniste’. Stando alle voci, si diede a una vita sfrenata. Un conto fu abbandonare le competizioni di tiro e i tornei di tennis, un altro sostituire la chiesa con feste, alcol e compagnie maschili. Per non citare…» Tina abbassò ulteriormente la voce. «L’uso della marijuana.»

«Buon Dio, no!» esclamai.

La signora Shoplaw mi lanciò un’occhiataccia, ma Tina non se ne accorse. «E invece sì! Nientemeno! Infatti finì sulle riviste scandalistiche in quanto ricca e carina, ma soprattutto per via del padre. E perché era caduta, per dirla alla loro maniera. Per la congregazione fu un vero scandalo: la figlia del fondatore che porta la minigonna e se ne va a zonzo senza reggiseno, combinandone di ogni. D’altronde, questi cristiani fondamentalisti si attengono all’Antico Testamento, con i giusti che vengono premiati e i peccatori puniti fino alla settima generazione. E poi lei non si accontentò di frequentare il giro mondano del Village.» Gli occhi di Tina diventarono così enormi da sembrare sul punto di schizzarle fuori dalle orbite e rotolarle giù dalle guance. «Mollò l’NRA e aderì all’Unione degli atei americani!»

«Ah. E la notizia che piantò in asso il partito delle armi venne diffusa dalla stampa?»

«Altro che! Poi restò incinta, come da copione, e quando il figlio nacque con la… paralisi cerebrale, mi pare…»

«Distrofia muscolare.»

«Sì, quel che è; insomma, i giornalisti chiesero a Ross che cosa ne pensasse durante uno dei suoi comizi, e sai quale fu la risposta?»

Scossi la testa, ma ero in grado di immaginarlo.

«Che il Signore punisce i miscredenti e i peccatori. Che non aveva fatto eccezioni per la figlia e che magari la malattia del bambino avrebbe contribuito a riavvicinarla a Lui.»

«Non credo sia ancora successo», risposi, ricordandomi l’aquilone con la faccia di Gesù.

«Proprio non capisco perché la gente usi la religione come un’arma quando il mondo è già pieno di sofferenza», affermò la signora Shoplaw. «La fede dovrebbe essere fonte di conforto.»

«Ross è solo un vecchio moralista bacchettone», continuò Tina. «Lei potrà essere stata con centinaia di uomini e avere fumato migliaia di canne, ma è pur sempre sua figlia. E il ragazzino è suo nipote. L’ho intravisto in città un paio di volte, in sedia a rotelle o con quelle terribili imbracature che è obbligato a indossare se vuole camminare. Mi è sembrato molto gentile e sua madre non era certo ubriaca. E portava il reggiseno.» Si fermò per un attimo, frugando nei ricordi. «O almeno mi pare.»

«Forse suo padre cambierà», affermò la signora Shoplaw, «anche se ne dubito. I giovani crescono, mentre gli anziani invecchiano e basta, sempre più convinti di essere dalla parte della ragione. Soprattutto se conoscono a menadito la Bibbia.»

Mi venne in mente una frase che mia madre ripeteva spesso. «Il diavolo può citare la sacra scrittura per i propri fini», ribattei.

«E in tono suadente», concordò amara la signora Shoplaw, per poi risollevarsi all’improvviso. «Però, se il reverendo Ross li lascia abitare nella sua villa su Beach Row, forse è disposto a dimenticare il passato. Magari ha capito che ai tempi lei era solo troppo giovane. Dev, non tocca a te?»

Mi venne fuori pianto.Sei punti.

Mi beccai una sonora batosta. Se non altro, quando Tina iniziò davvero a ingranare, la tortura non durò a lungo. Tornai nella mia stanza, mi sedetti davanti alla finestra e tentati di ricongiungermi a Frodo e Sam sulla strada per il Monte Fato. Non ci riuscii. Chiusi il libro e fissai la spiaggia deserta e l’oceano plumbeo attraverso il vetro rigato di pioggia. Era un panorama demoralizzante e in momenti simili mi capitava di ripensare a Wendy, chiedendomi dove fosse, con chi, e che cosa stesse combinando. E poi c’erano il suo sorriso, il modo in cui i capelli le ricadevano lungo le guance, il seno che si sollevava morbido sotto uno dei suoi innumerevoli cardigan.

Quella volta fu diverso. Invece che a Wendy, la mia attenzione si rivolse ad Annie Ross. Mi resi conto di essermi preso una cotta per lei, piccola ma potente. Non ne sarebbe nato nulla, considerato che Annie aveva almeno una decina d’anni più di me, il che peggiorava la situazione. O dovrei dire che la migliorava, perché i giovani maschi provano un indiscutibile fascino per gli amori non corrisposti.

La signora S. aveva lasciato intendere che quel bigotto di Buddy Ross poteva essere disposto a metterci una pietra sopra, e probabilmente non aveva torto. I nipotini sono in grado di addolcire i cuori più duri, o così avevo sentito dire, e forse all’uomo non sarebbe dispiaciuto conoscere il ragazzino mentre c’era ancora tempo. Il predicatore aveva spie dappertutto e non gli sarebbe risultato difficile scoprire che Mike era parecchio sveglio, anche se confinato su una sedia a rotelle. Magari aveva persino sentito pettegolezzi sul suo «potere speciale», come l’aveva definito Madame Fortuna. O forse simili previsioni erano troppo ottimistiche. Esisteva la concreta possibilità che il signor Punizione Divina avesse concesso alla figlia l’uso della villa in cambio della promessa di tenere la bocca chiusa e di non montare un nuovo scandalo a base di minigonne e spinelli, non mentre lui era impegnato nel cruciale passaggio dalla radio alla televisione.

Avrei potuto sprecarmi in congetture fino al calar del sole, nascosto dalla coltre di nuvole, senza essere certo di nulla sul conto di Buddy Ross, ma riguardo ad Annie ero sicuro di una cosa: non era ancora pronta a seppellire l’ascia di guerra.

Mi alzai e trotterellai giù in salotto, sfilando dal portafoglio una strisciolina di carta con un numero telefonico. Tina e la signora S. chiacchieravano amabilmente in cucina. Chiamai il dormitorio di Erin, non aspettandomi di trovarla di sabato pomeriggio; probabilmente era nel New Jersey con Tom, impegnata ad assistere a una partita di football della Rutgers e a intonare l’inno degli Scarlet Knights.

Ma la ragazza incaricata di rispondere al telefono mi disse che sarebbe andata a cercarla e, tre minuti dopo, la voce di Erin mi risuonò nell’orecchio.

«Dev, stavo per chiamarti. In effetti ho intenzione di venire giù a trovarti, se riesco a convincere Tom ad accompagnarmi. In ogni caso, non arriverei il prossimo fine settimana. Probabilmente quello successivo.»

Controllai il calendario appeso al muro: sarebbe stato il primo weekend di ottobre. «Hai scoperto qualcosa?»

«Forse. Non lo so. Mi sono sempre divertita a fare ricerche e stavolta mi sto impegnando sul serio. Ho ammassato tanti dettagli di contorno, ma comunque mi sarebbe impossibile risolvere il caso di Linda Gray dalla biblioteca universitaria. Però… c’è della roba che mi piacerebbe vedessi. Roba che mi mette a disagio.»

«A disagio? In che senso?»

«Non mi va di spiegartelo per telefono. Se non riuscirò a trascinare giù Tom, infilerò tutto il materiale in una grande busta e te lo spedirò. Ma non è ancora detta l’ultima parola. Lui vuole vederti, ma non intende avere nulla a che spartire con la mia piccola indagine. Non ha neppure guardato le fotografie.»

Erin mi sembrava parecchio reticente, ma preferii non insistere. «Tra parentesi, hai mai sentito parlare di un predicatore di nome Buddy Ross?» chiesi.

«Buddy…» Scoppiò a ridere. «L'ora del potere!Mia nonna non fa che ascoltare quel truffatore! Tira fuori viscere di capra dal corpo delle persone, sostenendo che sono tumori! Hai idea di quale sarebbe il commento di Pop Allen?»

«Un vero figlio del carrozzone», risposi con un sorriso storto.

«Cento punti. Che vuoi sapere di lui? E perché non puoi scoprirlo da solo? Uno schedario ti ha morso quand’eri piccolo?»

«Credo di no, ma quando finisco di lavorare la biblioteca di Heaven’s Bay è già chiusa. Dubito però che conservino pubblicazioni su personaggi contemporanei. Sta tutta in una stanza. E poi non è lui a interessarmi, ma i due figli maschi. Voglio verificare se hanno dei bambini.»

«Perché?»

«La figlia ne ha uno. È un ragazzino fantastico, ma sta morendo.»

Una pausa. E poi: «Che cosa stai combinando laggiù, Dev?»

«Ho incontrato gente nuova. Forza, venite, mi piacerebbe rivedervi. Di’ a Tom che non entreremo nel tunnel dell’orrore.»

Ero sicuro che sarebbe scoppiata a ridere, ma mi sbagliavo. «Non preoccuparti. Non riusciresti a farcelo avvicinare nemmeno con la forza.»

Ci salutammo, appuntai la durata della chiamata sull’elenco appeso alla parete e ritornai di sopra, sedendomi davanti alla finestra. Ero di nuovo preda di una strana gelosia. Perché Linda Gray era apparsa a Tom Kennedy? Perché a lui e non a me?

Il Banner,il notiziario di Heaven’s Bay, usciva il giovedì. La prima pagina del numero del quattro ottobre strillava a grandi lettere: dipendente di Joyland salva di nuovo una vita. Un’esagerazione, almeno a mio parere: potevo essere d’accordo per Hallie Stansfield, ma solo a metà per quel gradasso di Eddie Parks. Il resto era merito di Wendy Keegan (con tanto di cancappello a Lane Hardy, però); se lei non mi avesse dato il benservito a giugno, quell’autunno mi sarei trovato a Durham, nel New Hampshire, a più di mille chilometri da Joyland.

Non pensavo di dover soccorrere di nuovo qualcuno; simili premonizioni sono esclusivo dominio di pochi fortunati come Mike Ross e Rozzie Gold. Quando arrivai al parco dopo un altro fine settimana di maltempo, ero concentrato solo sull’arrivo imminente di Erin e Tom. Il cielo era ancora coperto, ma non pioveva più, in onore al lunedì. Eddie era seduto sul suo trono, l’immancabile cassetta della frutta, intento a fumare la solita sigaretta del mattino. Lo salutai con un cenno della mano. Lui non si disturbò a ricambiare; schiacciò la cicca con il piede, si curvò in avanti per gettarla sotto la cassetta. Una scena a cui avevo assistito almeno una cinquantina di volte, spesso chiedendomi quanto fosse alta la pila nascosta di mozziconi. Quella mattina, però, non portò a termine l’operazione.

Aveva un’espressione sorpresa? Difficile dirlo. Quando capii che qualcosa non stava andando per il verso giusto, la testa di Eddie era già tra le sue ginocchia e riuscii a scorgere giusto il cancappello scolorito e unto di grasso. L’uomo continuò a cadere in avanti, facendo una capriola, e atterrando di schiena con le gambe divaricate e la faccia rivolta al cielo nuvoloso. Ormai, spiccava soltanto una smorfia contorta di dolore.

Lasciai cadere il sacchetto del pranzo e mi precipitai da lui, inginocchiandomi di fianco. «Eddie, che c’è?»

«… tacco…» biascicò.

Per un attimo venni colto dal pensiero assurdo che gli dolessero i piedi, ma poi mi accorsi che si stava stringendo il lato sinistro del petto con la destra coperta dal guanto. Un attacco.

Il Dev Jones ancora digiuno dell’esperienza di Joyland si sarebbe limitato a gridare: aiuto, aiuto, ma dopo quattro mesi con la Parlata sempre in bocca, una simile idea manco mi attraversò il cervello. Gonfiai i polmoni, rizzai il capo e urlai fino a sgolarmi: «Ehi, bifolchi!»nell’aria umida del mattino. L’unico abbastanza vicino da sentirmi era Lane Hardy, che arrivò in un lampo.

I dipendenti stagionali ingaggiati da Fred Dean non erano obbligati a conoscere la rianimazione cardiopolmonare al momento della firma del contratto, perché l’avrebbero imparata sul posto. Grazie alla lezione di primo soccorso a cui avevo partecipato da ragazzino al campeggio dei metodisti, ero già un esperto. Anni prima, ci eravamo radunati sul bordo della piscina sperimentando ogni possibile tecnica su un manichino dal nome improbabile di Ercole Merluzzo.

Avevo finalmente occasione di passare dalla teoria alla pratica. A dirla tutta, ricorsi allo stesso, vigoroso massaggio che avevo utilizzato per fare uscire l’hot dog dalla gola di Hallie Stansfield. Non indossavo la pelliccia e non mi vidi costretto ad abbracciare nessuno, ma fu sempre questione di forza bruta. Incrinai quattro costole di quel vecchio figlio di puttana e gliene spezzai una quinta. Onestamente, non mi dispiacque affatto.

Lane mi trovò inginocchiato di fianco a Eddie, occupato a comprimergli il petto con il palmo delle mani, prima spostando il peso in avanti e poi tirandomi indietro per controllare se aveva esalato un respiro.

«Cristo», commentò Lane. «Un infarto?»

«Quasi certamente sì. Chiama un’ambulanza.»

Il telefono più vicino era nel gabbiotto accanto al tirassegno di Pop Allen: la sua tana, secondo la Parlata. Era chiuso con un lucchetto, ma Lane possedeva le chiavi del regno, tre passe-partout che aprivano qualsiasi serratura del parco. Ripartì di corsa, mentre proseguivo con la rianimazione, oscillando avanti e indietro, con le cosce che mi dolevano e le ginocchia che si lamentavano del contatto prolungato con l’asfalto ruvido della Passeggiata. Dopo ogni serie di cinque compressioni, contavo lentamente fino a tre, aspettando inutilmente che Parks inspirasse. Niente gioia a Joyland, non per lui. Non dopo la prima serie di cinque, non dopo la seconda, non dopo le molte altre. Era immobile, le mani guantate abbandonate lungo i fianchi, la bocca spalancata. Quel gran coglione di Eddie Parks. Restai a fissarlo mentre Lane tornava a razzo, urlando che l’ambulanza era in dirittura d’arrivo.

Non lo farò, pensai. Manco per il cazzo.

Poi mi chinai in avanti, spingendo i palmi contro il torace e premendo la mia bocca contro la sua. Non fu terribile come temevo. Peggio. Le labbra sapevano di sigaretta, ma dalla gola veniva un tanfo… Signore, pareva peperoncino piccante, magari nell’omelette che si era sbafato a colazione. Gli restai incollato, chiudendogli il naso con due dita e insufflandogli l’aria nella cavità.

Fui costretto a ripetere l’operazione cinque o sei volte di seguito, finché non cominciò a respirare da solo. Diedi un taglio alle compressioni, per capire che cosa sarebbe successo, e lui continuò senza problemi. Probabilmente quel giorno all’inferno non c’erano posti liberi. Lo rigirai su un fianco, in caso gli fosse venuto da vomitare. Lane mi era accanto e mi teneva una mano sulla spalla. Poco dopo, ascoltammo il lamento di una sirena nelle vicinanze.

Lane si affrettò ai cancelli per accogliere gli infermieri e indicare la strada. Quando sparì, spostai lo sguardo sulle ghigne livide e mostruose che adornavano la facciata del Castello del Brivido. Poco sopra, una scritta in caratteri gocciolanti poltiglia verde: ENTRATE SE NE AVETE IL CORAGGIO. Ripensai a Linda Gray, che era penetrata nel tunnel da viva per essere portata via parecchie ore dopo, stretta nel gelo della morte. Forse mi capitò perché Erin stava arrivando con il suo carico di informazioni. Di notizie che la mettevano a disagio.Mi tornò in mente anche l’assassino della ragazza.

Avrebbe potuto essere chiunque, te compreso, aveva affermato la signora Shoplaw. Solo che sei castano invece di biondo e non hai la testa di un uccello tatuata sul dorso della mano. Era un’aquila o un falco, chissà.

I capelli di Eddie si erano ingrigiti anzitempo, tipico di chi fuma pesante da una vita, ma quattro anni prima avrebbero potuto essere biondi. E poi non si separava mai dai suoi guanti. Di sicuro era troppo vecchio per essere l’uomo che aveva accompagnato Linda Gray nel suo ultimo giro sull’attrazione al buio; sì, senza dubbio, però…

L’ambulanza era ormai vicinissima ma non ancora in vista. Lane si stava sbracciando davanti ai cancelli, facendo segno di affrettarsi. Al diavolo, mi dissi, e gli sfilai i guanti. Le mani erano ricoperte da lembi di pelle morta, i dorsi arrossati sotto uno spesso strato di crema bianca. Niente tatuaggi.

Solo psoriasi.

Non appena Parks venne caricato sull’ambulanza e portato d’urgenza al minuscolo ospedale di Heaven’s Bay, corsi al cacatanto più vicino e mi risciacquai la bocca per un’eternità. Ci impiegai parecchio a sbarazzarmi del sapore di quegli schifosi peperoncini verdi e da allora non ne ho mai più assaggiato uno.

Quando uscii, Lane Hardy era accanto alla porta. «Complimenti. Sei riuscito a rianimarlo.»

«Sarà ancora in pericolo di vita per un po’ e forse ha riportato delle lesioni cerebrali.»

«Forse sì, forse no, ma se non ci fossi stato tu, sarebbe già morto e sepolto. Prima la bambina, adesso il vecchio schifoso. Inizierò a chiamarti Gesù invece di Jonesy, perché sei davvero il salvatore.»

«Provaci e ci metto un attimo a pi-a-esse.» Ovvero, nella Parlata, «puntare a sud», in altri termini mollare baracca e burattini.

«D’accordo, ma ci hai saputo fare, Jonesy. Hai fatto il botto.»

«Se ripenso al sapore disgustoso che aveva in bocca… Dio mio!»

«Sì, non ne dubito, ma cerca di cogliere il lato positivo della faccenda. Con lui fuori gioco, tu sei libero, grazie Signore, finalmente libero, alleluia, alleluia! Non ti senti meglio?»

Aveva ragione.

Lane si sfilò dalla tasca posteriore un paio di guanti di cuoio. Quelli di Eddie. «Li ho trovati a terra. Perché glieli hai tolti?»

«Uh… per lasciargli respirare le mani.» Suonava come una solenne idiozia, ma la verità sarebbe sembrata ancora più stupida. Non riuscivo a credere che per un istante avessi considerato la possibilità che Eddie Parks fosse l’assassino di Linda Gray. «Durante la lezione di primo soccorso, ci hanno insegnato che le vittime d’infarto hanno bisogno di essere scoperte più che si può. Pare che serva.» Mi strinsi nelle spalle.

«Ah. Non si finisce mai di imparare.» Sbatacchiò insieme i guanti. «Credo che Eddie resterà via a lungo… sempre che ritorni, naturalmente. Perché non glieli vai a mettere nella tana?»

«Va bene», risposi, seguendo le sue istruzioni. Poche ore dopo, però, me li ripresi, insieme con qualcos’altro.

Non mi era mai piaciuto, d’accordo? Non si era mai sforzato di essere simpatico, né con me né con il resto del personale. Persino i vecchi dipendenti come Rozzie Gold e Pop Allen gli stavano alla larga. Ciò nonostante, alle quattro in punto di quel pomeriggio mi ritrovai all’ospedale di Heaven’s Bay a domandare se Edward Parks poteva ricevere visite. In una mano stringevo i suoi guanti, insieme con il qualcos’altro di cui ho parlato prima.

La volontaria dell’accettazione con i capelli azzurrini passò in rassegna due volte le sue scartoffie, scuotendo il capo, e stavo iniziando a pensare che Eddie non ce l’avesse fatta quando la donna esclamò: «Ah! È Edwin, non Edward! Stanza 315. Unità di terapia intensiva: dovrà avere il permesso della caposala».

La ringraziai e presi l’ascensore, uno di quelli enormi per il trasporto delle barelle. Era lento come la quaresima e mi lasciò tempo in abbondanza per chiedermi che cosa ci facessi lì. Sarebbe dovuto andare Fred Dean a trovarlo, in quanto responsabile del parco durante l’autunno. Però, ormai ero dentro, e in ogni caso forse non me l’avrebbero nemmeno fatto vedere.

Invece, dopo un’occhiata alla cartella, la caposala mi diede il via libera. «Ma forse sta dormendo», soggiunse.

«Si sa qualcosa delle sue?…» Mi picchiettai la testa con un dito.

«Funzioni cerebrali? Be’, è riuscito a dirci come si chiamava.»

Una notizia incoraggiante.

In effetti era nel mondo dei sogni. Aveva gli occhi chiusi e, con i raggi del sole appena sbucato dalle nuvole a illuminargli il volto, compresi l’assurdità della mia ipotesi: non sarebbe mai potuto essere il fidanzato di Linda Gray. Sembrava avere appena compiuto cent’anni o addirittura centoventi. Notai anche che non gli servivano i guanti. Qualcuno gli aveva bendato le mani, probabilmente dopo aver trattato la psoriasi con un farmaco più efficace della normale crema da banco che era abituato a usare. Osservando quelle zampacce bianche da mummia, provai con riluttanza uno strano senso di pietà.


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