Текст книги "Joyland"
Автор книги: Stephen Edwin King
Жанры:
Ужасы
,сообщить о нарушении
Текущая страница: 12 (всего у книги 17 страниц)
Lei aprì la valigetta, estraendone una cartellina. «Sei davvero sicuro di volerlo sapere? Non credo che, dopo avere ascoltato la mia storia, commenterai ‘Elementare, mia cara Erin’ e sputerai fuori il nome del colpevole tipo Sherlock Holmes.»
A riprova della triste verità che non ero esattamente Holmes, la mia assurda idea che Eddie Parks potesse essere il famoso Killer del Castello del Brivido. Fui tentato di confessarle che ero più interessato a garantire l’eterno riposo della vittima che a catturare l’assassino, ma mi avrebbe preso per pazzo, pur senza negare quanto accaduto a Tom. «No, non credo neanch’io.»
«Tra parentesi, mi devi quasi quaranta dollari di prestiti interbibliotecari.»
«Nessun problema.»
Mi ficcò un dito tra le costole. «Lo spero bene. La vita dello studente lavoratore non è uno spasso.»
Si sistemò la valigetta tra le caviglie, aprendo la cartellina. All’interno, una manciata di fotocopie, due о tre pagine di appunti battuti a macchina, e un mazzetto di fotografie patinate, simili a quelle dei frollocconi irretiti dalle Sirene di Hollywood. «D’accordo, procediamo con ordine. Sono partita dall’articolo del News and Courierdi Charleston che mi avevi segnalato.» Mi passò una delle copie. «Pubblicato sull’edizione domenicale, contiene molte congetture e scarse informazioni di prima mano. Leggilo dopo, se vuoi; te lo riassumerò in breve, limitandomi ai punti salienti.
«Quattro ragazze. Cinque, contando lei.»Indicò il Castello in fondo alla Passeggiata. «La prima si chiamava Delight Mowbray. DeeDee, per gli amici. Di Waycross, in Georgia. Bianca, ventun anni. Un paio di giorni prima di venire uccisa, ha raccontato all’amica del cuore Jasmine Withers di avere un nuovo ragazzo, più vecchio di lei e molto carino. È stata ritrovata lungo un sentiero al margine della palude di Okefenokee il trentun agosto 1961, nove giorni dopo la sua scomparsa. Se l’omicida l’avesse buttata dentro l’acquitrino, probabilmente sarebbe stata scoperta solo dopo parecchio tempo.
«O forse mai», risposi. «Gli alligatori se la sarebbero pappata nel giro di venti minuti.»
«Disgustoso ma vero.» Mi allungò un’altra fotocopia. «L’articolo del Journal-Heralddi Waycross.» Sulla pagina, l’immagine di un poliziotto con lo sguardo cupo che regge un calco in gesso di impronte di pneumatici. «Stando alle indagini, lui se ne sarebbe liberato subito dopo averla sgozzata. Secondo l’articolo, le tracce appartenevano a un camioncino.»
«L’ha scaricata come fosse un sacco della spazzatura.»
«Disgustoso ma vero, anche in questo caso.» Mi passò la copia di un nuovo ritaglio di giornale. «La numero due. Claudine Sharp, di Rocky Mount, proprio qui nella Carolina del Nord. Bianca, ventitré anni. Trovata morta in una sala cinematografica cittadina, il due agosto 1963. Il film in programmazione era Lawrence d’Arabia,molto lungo e molto fracassone. Citando ‘una fonte anonima all’interno della polizia’, l’autore del pezzo spiega che probabilmente l’omicida le ha tagliato la gola durante una delle scene di battaglia. Una pura ipotesi, naturalmente. Il colpevole si è lasciato dietro un paio di guanti e una camicia coperti di sangue e se l’è svignata con la camicia che indossava sotto.»
«Dovrebbe trattarsi dello stesso tipo che ha ucciso Linda Gray.»
«Sembrerebbe di sì. I poliziotti hanno interrogato tutti gli amici della ragazza, ma Claudine non aveva mai raccontato di un nuovo fidanzato.»
«Non ha detto con chi sarebbe andata al cinema quella sera? Nemmeno ai propri genitori?»
Erin mi fissò con infinita pazienza. «Aveva ventitré anni, Dev, non quattordici. Viveva da sola dalla parte opposta della città, in un monolocale sopra il minimarket dove lavorava.»
«E sei venuta a saperlo dall’articolo di giornale?»
«Certo che no. Ho fatto qualche telefonata. Onestamente, mi sono consumata le falangi a furia di comporre numeri. Mi devi anche i soldi delle interurbane. Comunque, dopo ritorneremo su Claudine Sharp. Ora andiamo avanti. Vittima numero tre, secondo il News and Courier,una ragazza di Santee, nella Carolina del Sud. Siamo arrivati al 1965. Eva Longbottom, diciannove anni. Nera. Sparita il quattro luglio. Il suo cadavere è stato scoperto da due pescatori sulla sponda settentrionale del fiume Santee. Violentata e pugnalata al cuore. Le altre erano bianche e nessuna di loro è stata stuprata. Se ti va puoi aggiungerla alla lista del Killer del Castello del Brivido, ma ho i miei dubbi in merito. Prima di Linda Gray, l’ultima vittima è stata…»
Mi porse la fotografia dell’annuario scolastico di una splendida giovane dai capelli castano dorato. La classica liceale che è capo delle cheerleader, reginetta del ballo per gli ex alunni, fidanzata del quarterback della squadra di football… ed è comunqueamata da tutti.
«Darlene Stamnacher. Probabilmente si sarebbe cambiata cognome se avesse sfondato nel mondo del cinema, il suo arcinoto obiettivo. Bianca, diciannove anni, di Maxton, Carolina del Nord. Scomparsa il ventinove giugno 1967. Ritrovata due giorni più tardi, dopo che era stata cercata in lungo e in largo, dentro una baracca sul ciglio della strada, spersa tra le pinete a sud di Elrod. Gola tagliata.»
«Accidenti se era bella. Non aveva un ragazzo fisso?»
«Uno schianto simile? Secondo te? La polizia si è precipitata dal fidanzato, che però non si trovava nei paraggi. Era andato a campeggiare sulle Blue Ridge Mountains con tre amici, che hanno garantito per lui. A meno che non si fosse fatto spuntare le ali, ritornando in volo, il colpevole era un altro.»
«E poi è toccato a Linda Gray», affermai. «Numero cinque. A patto che siano state tutte uccise dallo stesso uomo.»
Erin sollevò l’indice con un’aria da brava maestrina. «Cinque, sì, se nessuna delle sue vittime manca all’appello. Potrebbe averne ammazzate altre nel ’62, nel ’64, nel ’66… insomma, ci siamo capiti.»
Il vento soffiava e ululava impetuoso tra i montanti della Ruota del Sud.
«Passando ai particolari che mi mettono a disagio…» proseguì lei, come se cinque ragazze defunte non fossero già abbastanza. Sfilò una fotocopia dalla cartellina. Era un volantino, un superstrillo secondo la Parlata, che pubblicizzava lo Spettacolo delle Mille Mirabilie di Manly Wellman. Sul foglio, due pagliacci a reggere una lunga pergamena che elencava il meglio dell’offerta, tra cui IL PIÙ RICCO CAMPIONARIO D’AMERICA DI FENOMENI DA BARACCONE! E DI ALTRE IMPENSABILI BIZZARRIE! Non mancavano giostre, giochi, divertimenti per i bambini e IL TUNNEL DELL’ORRORE PIÙ TERRIFICANTE DEL MONDO!
Entrate se ne avete il coraggio, pensai.
«L’hai scovato grazie al servizio di prestito interbibliotecario?»
«Sì, puoi procurarti di tutto, se sei disposto a rimboccarti le maniche. O a tenere dritte le orecchie, perché è la più grande rete di informazioni della Terra. Questa inserzione è stata pubblicata sul Journal-Heralddi Way-cross la prima settimana di agosto del 1961.»
«Lo spettacolo di Wellman era a Waycross quando è sparita la prima ragazza?»
«DeeDee Mowbray? No, si era già spostato. Ma c’era ancora quando lei ha rivelato all’amica di avere un nuovo filarino. Adesso da’ un’occhiata a questo, comparso sul Telegramdi Rocky Mount per una settimana a metà luglio 1963. Un annuncio promozionale, come forse sai meglio di me.»
Era un’altra pubblicità a piena pagina che annunciava l’arrivo dello Spettacolo delle Mille Mirabilie. I soliti due pagliacci tenevano la solita pergamena, con l’unica differenza che, due anni dopo la tappa a Waycross, si era aggiunta una lotteria con un montepremi di diecimila dollari ed era stato eliminato ogni riferimento ai «fenomeni da baraccone».
«La fiera era in città quando Claudine Sharp è stata assassinata all’interno del cinema?»
«No, ha levato le tende il giorno prima.» Picchiettò un dito contro il margine inferiore del foglio. «Ti basta controllare le date, Dev.»
Lei conosceva l’ordine degli avvenimenti meglio di me, ma decisi di non giustificarmi. «E la terza vittima? Eva Longbottom?»
«Non ho trovato traccia di nessuno spettacolo itinerante nella zona di Santee, men che meno di quello di Wellman, visto che è fallito nell’autunno del 1964. La notizia è stata riportata su Outdoor Trade and Industry.Secondo me, e i bibliotecari che mi hanno aiutato, è l’unica pubblicazione di settore dedicata all’industria dei luna park e dei parchi divertimenti.»
«Accidenti, Erin, dovresti lasciare perdere la fotografia e trovarti un ricco produttore o sceneggiatore cinematografico, proponendoti come collaboratrice alle ricerche.»
«Preferirei di no. È un lavoro sfiancante. Comunque, cerchiamo di non perdere il filo, Devin. D’accordo, non c’erano fiere o roba simile nell’area di Santee, ma penso che l’omicidio di Eva Longbottom sia completamente diverso dai quattro precedenti. Negli altri casi, nessuna traccia di violenza carnale, ricordi?»
«Che si sappia. I giornali non ci vanno giù piatti.»
«Hai ragione, magari scrivono molestie o aggressione sessuale invece di stupro, ma riescono a farsi capire lo stesso.»
«E Darlene Shoemaker? C’era…»
« Stamnacher. Queste poverette sono state uccise, Dev; se non altro, sforzati di azzeccare i loro nomi.»
«Ci sto provando. Ho solo bisogno di tempo.»
Appoggiò una mano sulla mia. «Scusa. Ti sto bombardando di notizie. Io ci rimugino sopra da settimane.»
«Sul serio?»
«Più o meno. Non è una bella esperienza.»
Aveva ragione. Se leggi un giallo o guardi un thriller, puoi infischiartene allegramente delle sfilze di cadaveri, interessato solo a scoprire se il colpevole è il maggiordomo o la matrigna cattiva. Ma quelle ragazze erano vere, reali. Con ogni probabilità i corvi avevano lacerato le loro carni; le larve degli insetti si erano insediate nei loro occhi, strisciando su per le narici e penetrando dentro la materia grigia del cervello.
«Nessuno spettacolo itinerante nella zona di Maxton quando Darlene Stamnacher è stata assassinata?»
«No, ma si stava inaugurando una fiera di paese a Lumberton, la città più vicina. Ecco qui.»
Mi diede una fotocopia che pubblicizzava la Fiera Estiva di Robeson County. Erin picchiettò di nuovo il dito contro il foglio, per attirare la mia attenzione su una riga in particolare: 50 ATTRAZIONI NON PERICOLOSEFORNITE DALLA SOUTHERN STAR AMUSEMENT. «Ho controllato la ditta su Outdoor Trade and Industry.Sono in attività da poco dopo la seconda guerra mondiale. La sede si trova a Birmingham. Si spostano per tutto il Sud con il loro armamentario. Niente di così grandioso come il Muro del Tuono o il Delirio Cosmico, ma parecchi montasmontoni con i rispettivi operatori.»
Mi scappò un sorriso. A quanto pareva non si era scordata la Parlata. I montasmontoni erano giostre che potevano essere assemblate senza troppi problemi, tipo gli autoscontri o il brucomela.
«Ho chiamato il capo del personale della Southern Star, dicendo che questa estate avevo lavorato a Joyland e che ero alle prese con una tesina sull’industria dell’intrattenimento per il corso di sociologia. In effetti potrei anche scriverla; dopo tutte queste ricerche, sarebbe una passeggiata. Come immaginavo, mi ha risposto che nel loro settore c’è sempre un grande ricambio. Non era in grado di confermarmi di punto in bianco se avevano ingaggiato qualcuno dello spettacolo di Wellman, ma ha aggiunto che era probabile: due o tre manovali e operatori, forse un paio di addetti alle giostre. Quindi esiste la possibilità che l’assassino di DeeDee e Claudine si trovasse da quelle parti e che abbia incontrato Darlene Stamnacher. La fiera era ancora chiusa, ma la gente del posto ha sempre l’abitudine di gironzolarci attorno per guardare gli operai e i rincitrulli impegnati nell’allestimento.» Mi fissò dritto negli occhi. «Penso sia andata così.»
«Erin, il collegamento con le varie fiere, o forse dovrei dire con i parchi divertimenti, era contenuto nell’articolo pubblicato dal News and Courierdopo la morte di Linda Gray?»
«Manco per sogno. Mi dai un altro sorso di whisky? Sto gelando.»
«Possiamo spostarci dentro…»
«No, è questa storia degli omicidi a farmi venire la pelle d’oca ogni volta che ci ritorno sopra.»
Le porsi la bottiglia: un goccio per lei e uno per me. «Magari sei tuSherlock Holmes», affermai. «E i poliziotti? Se lo sono lasciati sfuggire?»
«Non ne sono certa, ma credo di sì. Se questo fosse un telefilm poliziesco, ci sarebbe un vecchio sbirro con il sale in zucca, tipo il tenente Colombo, in grado di comporre il rompicapo e arrivare alla soluzione, ma temo non esistano molte persone così nella vita reale. Per di più, il quadro d’insieme è difficile da cogliere perché gli indizi sono disseminati lungo tre Stati e nel corso di otto anni. Una cosa è sicura: se l’assassino ha mai lavorato a Joyland, ha levato le tende da tempo. Il ricambio del personale di un luna park non è rapido come quello di uno spettacolo itinerante della Southern Star, ma esiste comunque un notevole avvicendamento.»
Lo sapevo bene. Gli operatori e i gestori dei chioschi sono nomadi per natura, e i rincitrulli vanno e vengono come la marea.
«Ecco l’altro particolare che mi mette a disagio», proseguì, passandomi un mazzetto di fotografie formato ritratto. Stampata sul fondo della cornicetta bianca di ognuna, la dicitura QUESTA IMMAGINE È STATA SCATTATA A JOYLAND DALLA VOSTRA SIRENA DI HOLLYWOOD.
Le passai velocemente in rassegna, sentendo il bisogno di un terzo cicchetto quando capii che erano le foto di Linda Gray e del suo assassino. «Accidenti, Erin, non sono fotocopie di un giornale. Come te le sei procurate?»
«Grazie a Brenda Rafferty. Ho dovuto cucinarmela a puntino, ripetendole quanto fosse stata una mamma straordinaria per noi Sirene, ma alla fine ha ceduto. Sono stampe nuove di zecca, dai negativi originali che lei conservava nel suo archivio privato e che ha avuto la bontà di prestarmi. C’è un dettaglio interessante, Dev. Vedi il cerchietto per capelli di Linda?»
«Sì.» Un cerchietto azzurro, aveva detto la signora Shoplaw.
«A sentire Brenda, la polizia è riuscita a cancellarlo dalle immagini fornite alla stampa. Pensava che il trucco sarebbe servito a incastrare il tipo.»
«E allora, che cosa ti disturba?»
Perché, per quel che mi riguardava, tuttequelle foto mi inquietavano, persino quelle dove Linda Gray e lo sconosciuto passavano semplicemente sullo sfondo, riconoscibili grazie alla camicetta senza maniche e al cerchietto di lei, al berretto da baseball e agli occhiali scuri di lui. Ce n’erano soltanto due dove erano nitidi e a fuoco. Nella prima erano in coda per le Tazze Ballerine, la mano dell’uomo appoggiata con noncuranza al fondoschiena di lei. Nella seconda, la migliore del paio, si trovavano al Tirassegno di Buffalo Bill. Però, in nessuna la faccia dell’assassino era chiaramente visibile. Avrei potuto incrociarlo per strada senza riconoscerlo.
Erin sollevò con due dita la foto delle Tazze. «Guardagli la mano.»
«Sì, il tatuaggio. Me ne ha parlato anche la signora S. Secondo te che cos’è? Un falco o un’aquila?»
«Probabilmente un falco, ma non ha nessuna importanza.»
«Sul serio?»
«Sul serio. Ti avevo anticipato che saremmo ritornati su Claudine Sharp o no? Una ragazza sgozzata in un cinema, mentre veniva proiettato Lawrence d’Arabia,nientemeno, era una notizia bomba per un paesino come Rocky Mount. Il Telegramci marciò per quasi un mese.
I poliziotti scovarono una sola e unica pista, Dev. Un’ex compagna di liceo di Claudine la vide al bar della sala e la salutò. Claudine si affrettò a fare altrettanto. Era vicina a un uomo con gli occhiali da sole e un berretto da baseball, ma l’amica non pensò che stessero insieme, perché lui era molto più vecchio. Lo notò in quanto portava un paio di lenti scure all’interno di un cinema… e per via del tatuaggio sul dorso della mano.»
«L’uccello.»
«No, Dev. Una croce copta, proprio come questa.» Tirò fuori un’ennesima fotocopia dalla cartellina e me la mostrò. «L’amica confessò alla polizia di avere pensato si trattasse di un simbolo nazista, almeno inizialmente.»
Osservai la croce. Era elegante, ma non somigliava per nulla a un volatile. «Due tatuaggi, uno per mano», azzardai. «L’uccello su una, la croce sull’altra.»
Erin scosse la testa, allungandomi di nuovo la foto delle Tazze Ballerine. «Qual è quella con sopra l’uccello?»
Lo sconosciuto era alla sinistra di Linda e le cingeva i fianchi con un braccio, tenendola appoggiata al sedere…
«La destra.»
«Giusto. Ma la ragazza, dopo avere notato l’uomo al cinema, ha detto che sulla destra aveva la croce.»
Ci rimuginai sopra. «Si è sbagliata. Succede di continuo, con i testimoni.»
«Certo. Mio padre potrebbe passare l’intera giornata a parlarne. Però guarda qui, Dev.»
Erin mi porse l’immagine del tirassegno, la migliore di tutte perché i due non si limitavano a far parte dello sfondo. Una Sirena di Hollywood in cerca di prede li aveva adocchiati, aveva notato la bella inquadratura e li aveva fotografati, sperando in una vendita facile. Peccato che il tipo avesse reagito in malo modo, quasi spintonandola via, secondo la signora Shoplaw. Mi ritornò in mente la sua descrizione: fianco a fianco, vicini vicini, lui che le insegna a reggere il fucile, come fanno sempre i ragazzi.La signora S. doveva averne osservata una riproduzione su carta da giornale, tutta sgranata. Quella era l’originale, così nitida e limpida che mi venne voglia di saltarci dentro per mettere in guardia la povera Linda. Erano davvero appiccicati; lo sconosciuto che l’aiutava a prendere la mira, la sua mano sopra quelle della giovane che reggevano il calibro ventidue ad aria compressa.
La sua mano sinistra, senza traccia di tatuaggi.
«L’hai visto о no?» domandò Erin.
«Non c’è niente da vedere.»
«Per l’appunto, Dev. Per l’appunto.»
«Credi che si tratti di due uomini diversi? Quello con la croce ha ucciso Claudine Sharp mentre l’altro con l’uccello ha spacciato Linda Gray? Mi pare improbabile.»
«Perfettamente d’accordo.»
«E allora?»
«E allora ho notato qualcosa in una delle foto, ma non ne ero certa, e così ho portato stampa e negativo a un dottorando di nome Phil Hendron. È un genio della camera oscura che praticamente vive nel dipartimento di fotografia della Bard. Hai presente le ingombranti macchine a soffietto che noi Sirene ci portavamo sempre dietro?»
«Come no.»
«Erano soprattutto per fare scena, dei cimeli in mano a ragazze carine, ma a sentire Phil sono comunque ottimi apparecchi. Dai negativi si può tirare fuori quasi di tutto. Per esempio…»
Mi diede un ingrandimento della foto delle Tazze Ballerine. Il vero obiettivo delle Sirene era una giovane coppia con in mezzo il figlio di pochi anni, che però erano praticamente scomparsi. Nella nuova versione, il centro dell’immagine era occupato da Linda Gray e dal suo accompagnatore omicida.
«Guardagli la mano, Dev! Guardagli il tatuaggio!»
Le obbedii, aggrottando la fronte. «Non è così nitida», mi lamentai. «E la mano è più sfocata del resto.»
«Non mi pare.»
L’avvicinai agli occhi. «Gesù, Erin, l’inchiostro… è leggermente sbavato?»
Lei sfoderò un sorriso trionfante. «Luglio 1969. Una notte bollente del profondo Sud. Tutti sudavano come fontane. Se hai qualche dubbio, controlla le altre foto e osserva gli aloni sotto le ascelle. E il nostro amico aveva una ragione in più per sentire caldo. Stava progettando un omicidio, e neanche di poco conto.»
«Oh, cazzo. Il Pirata Peter.»
Mi puntò contro l’indice. «Tombola.»
Il Pirata Peterera il negozio di souvenir appena fuori dal Tuffo del Capitano Nemo, con la bandiera dalle tibie incrociate che sventolava garrula sul tetto. All’interno si poteva trovare la solita mercanzia: magliette, tazzone da caffè, teli da bagno, persino costumi da nuoto nel caso tuo figlio si fosse dimenticato il suo a casa, tutto rigorosamente contrassegnato dal marchio di Joyland. C’era anche un bancone con un vasto assortimento di tatuaggi fasulli. Se non eri capace di applicarti da solo la tua decalcomania, per un piccolo sovrapprezzo ti venivano in aiuto il Pirata Peter in persona o uno dei pivelli che gli davano manforte.
Erin continuava ad annuire. «Dubito che se lo sia procurato lì: sarebbe stata una scemenza e questo tipo è tutt’altro che scemo. Però non è un vero tatuaggio, come non lo è la croce copta notata dalunga tesa quella ragazza nel cinema di Rocky Mount.» Si curvò in avanti, stringendomi il braccio. «Sai che cosa penso? Che lo faccia per attirare l’attenzione su un particolare. La gente guarda il tatuaggio mentre il resto…» Picchiettò il dito contro le forme indistinte che avevano costituito il soggetto della foto prima che il suo amico della Bard la ingrandisse.
«Il resto di lui passa in secondo piano», conclusi.
«Esatto. E dopo se lo lava via.»
«Gli sbirri ne sono al corrente?»
«Non ne ho idea. Potresti dirglielo tu – io no, sto per tornare all’università – ma probabilmente ormai non gliene importa nulla.»
Esaminai di nuovo le immagini. Non avevo dubbi che Erin avesse davvero scoperto qualcosa, ma temevo che non bastasse ad assicurare la cattura del Killer del Castello del Brivido. E poi le foto suggerivano dell’ altro.Era come avere una parola sulla punta della lingua e non riuscire a tirarla fuori, né più, né meno.
«Dopo Linda Gray, ci sono stati altri assassinii simili a questi cinque? O a questi quattro, escludendo Eva Longbottom? Hai controllato?»
«Ci ho provato. In soldoni: non lo so ma non sono in grado di affermarlo con certezza. Ho passato in rassegna almeno cinquanta omicidi di ragazze e giovani donne, ma non ne ho trovato nessuno con le stesse costanti.» Iniziò a enumerarle. «Sempre in estate. Sempre dopo un appuntamento con uno sconosciuto più anziano. Sempre la gola tagliata. E sempre il collegamento con spettacoli itineranti, fiere o par…»
«Salve, ragazzi.»
Alzammo lo sguardo di scatto. Era Fred Dean. Indossava una polo, un paio di larghi pantaloni rosso fiammante e un berretto dalla lunga tesa con HEAVEN’S BAY COUNTRY CLUB ricamato in oro sul bordo. Ero abituato a vederlo in abiti formali, quando il massimo della rilassatezza consisteva nella cravatta allentata o nel colletto della camicia slacciato. In quella tenuta da golfista sembrava incredibilmente giovane, tranne che per le tempie brizzolate.
«Buongiorno, signor Dean», rispose Erin, alzandosi. In una mano stringeva ancora gran parte delle scartoffie e delle fotografie. Nell’altra aveva la cartellina. «Non so se si ricorda di me…»
«Ma certo», disse, avvicinandosi. «Non mi dimentico mai di una Sirena di Hollywood, anche se talvolta rischio di confondere i nomi. Sei Ashley o Jerri?»
Lei sorrise, infilando il materiale nel raccoglitore e consegnandomelo. «Sono Erin.»
«Ma sicuro. Erin Cook.» Mi strizzò l’occhio, un gesto che mi sembrò addirittura più fuori posto dei suoi pantaloni chiassosi. «Hai un ottimo gusto in quanto a ragazze, Jonesy.»
«Vero?» Sarebbe stato troppo complicato spiegargli che Erin in realtà stava con Tom Kennedy. Probabilmente Fred manco si ricordava di lui, non avendolo mai visto con i tacchi e un seducente vestitino verde.
«Sono passato da queste parti per recuperare i libri mastri. Si avvicinano i versamenti trimestrali delle imposte. Una grande rottura di zebedei. Ti stai godendo la tua piccola gita da ex dipendente, Erin?»
«Sì, parecchio.»
«Tornerai il prossimo anno?»
La domanda sembrò metterla un po’ a disagio, ma non abbastanza da spingerla a mentire. «Credo di no.»
«D’accordo, ma se dovessi cambiare idea, sono certo che Brenda Rafferty riuscirà a trovarti un posto.» Riportò la sua attenzione su di me. «Jonesy, a proposito del ragazzino che hai in mente di scarrozzare al parco: hai fissato una data con la madre?»
«Martedì. Mercoledì o giovedì al massimo, in caso di brutto tempo. È meglio che il nostro piccolo ospite non si bagni.»
Erin mi fissava incuriosita.
«Ti consiglio martedì. Lungo la costa sta per abbattersi un temporale. Non un uragano, grazie a Dio, ma una tempesta tropicale. Pioggia a catinelle e raffiche di vento forza otto, a sentire le previsioni. Dovrebbe arrivare da queste parti nella tarda mattinata di mercoledì.»
«Va bene», replicai. «Grazie per la dritta.»
«È stato un piacere rivederti, Erin.» Dean la salutò sfiorandosi il cappello e affrettandosi verso il cortiletto.
Erin aspettò che si fosse dileguato per scoppiare a ridere. «Quei calzoni!Ma li hai notati?»
«Sì. Incredibili.» Ma non mi sarei mai permesso di scherzarci sopra. O di beffarmi di lui. Secondo Lane, Fred Dean teneva insieme Joyland a forza di sputo, fil di ferro e diavolerie contabili. Di conseguenza, pensavo che avesse il diritto di indossare tutti i pantaloni da golf che desiderava. Se non altro non erano a quadri.
«Che cos’è questa faccenda del ragazzino che vorresti portare al parco?»
«È una lunga storia. Te ne parlerò mentre torniamo indietro.»
E così le raccontai la versione da boy scout con una medaglia al merito per la modestia, tralasciando il violento litigio all’ospedale. Erin mi ascoltò senza interrompermi, limitandosi a una sola domanda, non appena raggiunti i gradini che salivano dalla spiaggia. «Dimmi la verità, Dev: è una tipa da sturbo, la mammina?»
Me lo chiedevano tutti.
♥
Quella sera Erin e Tom se la filarono da Surfer Joe’s,una birreria con pista da ballo dove avevano passato parecchi momenti liberi durante l’estate. Lui mi invitò ad aggregarmi, ma decisi di prestare ascolto al vecchio detto secondo cui in due si è in compagnia e in tre eccetera eccetera. Comunque, dubitavo avrebbero ritrovato lo stesso caos festaiolo di un tempo. In città come Heaven’s Bay c’è un’enorme differenza tra luglio e ottobre. Glielo feci persino notare, calandomi nel mio ruolo da fratello maggiore.
«Non capisci, Dev», mi rispose Tom. «Erin e io non andiamo in cercadi divertimento. Noi lo portiamo.È una lezione che abbiamo imparato la scorsa estate.»
Tuttavia, li ascoltai arrampicarsi su per le scale a un’ora decente, e non troppo sbronzi, almeno a giudicare dalla voce. I sussurri e le risatine soffocate però mi fecero provare una vaga solitudine. Non sentivo la mancanza di Wendy, ma di qualcuno, in generale. Ripensandoci, probabilmente si trattava di un ulteriore passo avanti.
Mentre erano via, lessi da cima a fondo gli appunti di Erin, non scovando nessuna novità. Dopo quindici minuti li accantonai, ritornando alle fotografie, alle patinate immagini in bianco e nero scattate a Joyland «dalla vostra Sirena di Hollywood».
All’inizio le sfogliai soltanto; poi mi sedetti sul pavimento e le disposi a terra, tracciando un quadrato, muovendole da un posto all’altro come chi cerca di ricomporre un rompicapo, che alla fin fine era ciò che stavo facendo.
Erin era colpita dal legame tra l’industria del divertimento e i finti tatuaggi. Particolari che inquietavano pure me, ma c’era dell’altro. Qualcosa che non riuscivo ad afferrare. Era frustrante, perché sentivo di averlo davanti agli occhi. Decisi di riporre tutte le foto nella cartellina, tranne le due più significative. Me le tenni di fronte, fissandole a turno.
Linda Gray e il suo assassino in coda per le Tazze Ballerine.
Linda Gray e il suo assassino al Tirassegno di Buffalo Bill.
Fregatene del tatuaggio, mi dissi. Non è quello. È qualcos’altro.
Ma che cosa? Le lenti scure gli nascondevano gli occhi. Il pizzetto gli copriva la parte inferiore del volto, e la tesa leggermente inclinata gli oscurava la fronte e le sopracciglia. Sul berretto, un pesce gatto sbucava da una grande C rossa: lo stemma dei Mudcats, una squadra minore del campionato di baseball.
In piena stagione il parco pullulava di copricapi simili, tanto da essere soprannominati gattappelli invece di cancappelli. Quel figlio di puttana non avrebbe potuto scegliersi un berretto più anonimo, e di sicuro non l’aveva fatto a caso.
Continuavo ad andare avanti e indietro, dalle tazze al tirassegno e poi di nuovo alle tazze. Alla fine buttai le fotografie dentro la cartellina, che gettai a sua volta sopra la mia piccola scrivania. Mi misi a leggere fino al ritorno dei miei amici e poi mi infilai a letto.
Magari domattina mi verrà in mente, pensai. Mi sveglierò esclamando: «Oh, merda, ma certo, è così!»
Il suono della risacca mi conciliò il riposo. Sognai di essere sulla spiaggia con Annie e Mike. Lei e io eravamo abbracciati, i piedi tra la spuma, e guardavamo il ragazzino intento a far volare l’aquilone. Correva dietro al giocattolo, srotolando lo spago. Riusciva a farlo perché era in perfetta forma. Stava bene. La distrofia muscolare di Duchenne era stata solo un incubo.
Mi svegliai presto perché mi ero scordato di tirare le tende. Agguantai la cartellina e sfilai le due fotografie, osservandole alla luce del primo mattino, certo che avrei trovato la risposta che andavo cercando.
Mi sbagliavo.
♥
Grazie a una serie di fortunate coincidenze, Erin e Tom erano riusciti a viaggiare insieme dal New Jersey alla Carolina del Nord; quando però ci sono di mezzo gli orari ferroviari, la buona sorte costituisce un’eccezione piuttosto che la regola. Quella domenica dovettero accontentarsi di restare fianco a fianco solo sulla mia Ford, da Heaven’s Bay a Wilmington. Il treno di Erin partiva per la parte settentrionale dello Stato di New York e Annandale-on-Hudson due ore prima dell’espresso costiero di Tom, diretto nel New Jersey.
Le ficcai un assegno nel taschino della giacca. «Per i prestiti interbibliotecari e le chiamate interurbane.»
Lo tirò fuori, controllò la cifra e tentò di restituirmelo. «Ottanta dollari sono un’esagerazione, Devin.»
«Considerando tutto ciò che hai scoperto, sono appena sufficienti. Prendili, tenente Colombo.»
Lei rise di gusto e la striscia di carta tornò nel taschino. Mi salutò con un altro bacio molto casto, come fossimo stati fratello e sorella, completamente diverso da quello dell’estate appena trascorsa. Passò decisamente più tempo tra le braccia di Tom. I due si ripromisero di incontrarsi il giorno del Ringraziamento, a casa dei genitori di lui nella Pennsylvania occidentale. Mi resi conto che Tom non voleva lasciarla andare, ma si vide costretto a farlo quando gli altoparlanti diffusero l’ultimo annuncio per Richmond, Baltimora, Wilkes-Barre e le destinazioni a nord di New York.
Quando Erin partì, il mio amico e io attraversammo la strada con calma, concedendoci una cena di tardo pomeriggio a base di costolette per nulla malvagie. Stavo prendendo in considerazione la lista dei dolci quando lui si schiarì la voce. «Senti, Dev.»








