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Joyland
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Текст книги "Joyland"


Автор книги: Stephen Edwin King


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Ужасы

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Un sacco di ragazzine la pensavano allo stesso modo, mi dissi. «Non hai avuto uno strano… presentimento quando l’hai incontrato?»

Mike scosse il capo, continuando a tossire. «No. Mi è piaciuto subito. E credo che anch’io gli fossi simpatico.»

Mi tornò in mente Lane sulla ruota, mentre dava a Mike del piccolo storpio.

Annie gli appoggiò una mano sul collo sottile come un grissino. «Certa gente non mostra mai il suo vero volto, tesoro. A volte capisci che indossa una maschera, ma non sempre. Anche le persone capaci di particolari intuizioni rischiano di restare ingannate.»

Ero venuto per pranzo, per accompagnarli all’aeroporto e salutarli, ma esisteva anche un altro motivo. «Ho bisogno di farti una domanda, Mike. Riguarda il fantasma che ti ha svegliato, avvisandoti che mi trovavo al parco in pericolo di vita. Tutto a posto? Ti ha messo a disagio?»

«No, ma non è come in TV. Non ho visto nessuna sagoma trasparente che galleggiava nell’aria ululando. Ho alzato la testa e lo spettro era lì, seduto sul mio letto quasi fosse di carne e ossa.»

«Perché non cambiate argomento?» intervenne Annie. «Forse lui non si spaventa ma io sì.»

«Un’ultima domanda e poi lascio perdere.»

«D’accordo.» Iniziò a sparecchiare.

Martedì avevamo portato Mike a Joyland. All’alba del mercoledì, Annie aveva sparato a Lane sulla Ruota del Sud, ponendo fine alla sua esistenza e salvandomi la pelle. Avevamo passato la giornata sfuggendo ai cronisti e venendo interrogati dalla polizia. Poi, giovedì pomeriggio Fred Dean era venuto a trovarmi, e la sua visita non aveva niente a che spartire con la morte di Hardy.

Nonostante io fossi convinto del contrario.

«Ecco che cosa che mi piacerebbe sapere, Mike. Ti è apparso lo spettro della ragazza del Castello del Brivido? È stata lei a sistemarsi sul tuo letto?»

Il ragazzino sgranò gli occhi. «Oh, no di certo! Lei se ne è andata. Quando succede, non credo ritornino più. Era un uomo.»

Nel 1991, appena dopo aver compiuto sessantatré anni, mio padre fu vittima di un brutto infarto. Rimase una settimana all’ospedale centrale di Portsmouth e poi venne rispedito a casa. Gli fu intimato di rispettare un’alimentazione sana, di perdere dieci chili e di eliminare il suo adorato sigaro di fine serata. Papà si rivelò uno dei rari pazienti che seguono alla lettera i consigli dei medici, e mentre sto scrivendo è ancora vivo, ha ottantacinque anni ed è in buona salute, a parte la vista offuscata e un’anca che fa i capricci.

Nel 1973, le cose andavano diversamente. Secondo il mio assistente ricercatore, ovvero Google Chrome, a quei tempi il ricovero medio durava due settimane: la prima in terapia intensiva, la seconda nell’unità di riabilitazione cardiologica. Eddie Parks superò bene la fase iniziale e stava per essere trasferito al piano di sotto, mentre Mike si godeva il suo giro a Joyland del martedì. Proprio in quel momento, Parks fu colpito da un secondo infarto. Morì mentre veniva trasportato in ascensore.

«Che ti ha detto?» chiesi al ragazzino.

«Che dovevo svegliare la mamma e farla andare subito al parco, altrimenti un uomo cattivo ti avrebbe ammazzato.»

L’avvertimento era giunto a destinazione mentre ero ancora al telefono con Lane, nel salotto della signora Shoplaw? Non molto dopo, in ogni caso, o Annie non mi avrebbe mai raggiunto in tempo. Provai a domandarlo a Mike, che però non ne aveva idea. Non appena lo spettro se ne andò (lui usò esattamente quell’espressione; il fantasma non sparì, non attraversò la porta o non volò via dalla finestra, ma semplicemente se ne andò),il ragazzino schiacciò il pulsante dell’interfono di fianco al letto. Quando la madre rispose, lui esplose in urla.

«Basta così», intimò Annie con un tono che non ammetteva repliche. Era dritta davanti al lavello, le mani sui fianchi.

«Mamma, non mi dà fastidio, sul serio», replicò il figlio tra i colpi di tosse.

«Ha ragione lei», intervenni. «Finiamola qui.»

Quel vecchio burbero di Eddie era apparso a Mike perché gli avevo salvato la vita? Ne dubito, anche se è difficile capire le ragioni di Coloro Che Oltrepassano La Soglia. Era un’espressione di Rozzie: l’uso delle maiuscole si intuiva dal suo atteggiamento, con tanto di palmi sollevati all’insù. Eddie riuscì a resistere solo una settimana e sicuramente non passò i suoi ultimi giorni ai Caraibi, coccolato da bellezze in topless, però…

Però io ero andato a trovarlo; l’unico, forse al di là di Freddie Dean. Gli avevo persino portato una foto dell’ex moglie. Sicuro, lui l’aveva definita una brutta puttana traditrice solo brava a lamentarsi, e forse non aveva torto, ma almeno mi ero impegnato. Alla fine, anche lui aveva fatto un piccolo sforzo, chissà per quale motivo.

Mentre ci dirigevamo verso l’aeroporto, Mike fece capolino dal sedile posteriore. «Vuoi sapere un particolare buffo, Dev? Lo spettro dell’altra notte non ti ha mai chiamato per nome, ma sempre ‘bamboccio’. Probabilmente sapeva che ero in grado di capire a chi si riferisse.»

Già, probabilmente.

Quel gran coglione di Eddie Parks.

Tutto ciò accadeva tanto ma tanto tempo fa, in un anno magico quando il petrolio veniva ancora venduto per undici dollari al barile. L’anno in cui mi ritrovai con il cuore infranto. In cui persi la verginità. In cui salvai una bella bambina da morte sicura per soffocamento e un vecchiaccio sgradevole da un infarto… o almeno dal primo. L’anno in cui uno psicopatico quasi mi ammazzò in cima a una ruota panoramica. In cui volevo vedere un fantasma e non ce la feci… comunque uno spettro di sicuro si accorse di me. Quello fu anche l’anno in cui imparai a parlare una lingua misteriosa e a ballare l’hokey pokey travestito da cane. E in cui scoprii che esistono cose peggiori di venire scaricato da una ragazza.

L’anno in cui ero ancora un ventunenne e un completo pivello.

Non posso lamentarmi della vita che mi è toccata in sorte da allora, ma spesso mi accorgo di odiare il mondo. Dick Cheney, il prode sostenitore delle torture inflitte ai prigionieri di guerra e strenuo difensore del sacro assioma secondo cui «a contare sono solo i risultati», ha ricevuto in regalo un cuore nuovo di zecca proprio mentre sto scrivendo le righe che avete davanti. E dunque? E dunque lui continua a campare, mentre altri sono morti. Gente piena di talento tipo Clarence Clemons. Geniale come Steve Jobs. O semplicemente degna di rispetto come il mio vecchio amico Tom Kennedy. In genere ci si fa il callo. Ne siamo costretti. Come ha argutamente sottolineato W.H. Auden, la signora con la falce porta via con sé chi vive nell’agiatezza, chi ha un impagabile senso dell’umorismo e chi ce l’ha davvero lungo. Però, a essere precisi Auden inizia il suo elenco con chi possiede l’innocenza della fanciullezza.

Un particolare che ci riporta a Mike.

Quando tornai all’università per il semestre di primavera, andai ad abitare in una topaia fuori dal campus. Una sera gelida di fine marzo, mentre ero impegnato a cucinare un piatto cinese per me e la ragazza di cui allora ero innamorato perso, squillò il telefono. Scherzai come al solito: «Qui è Buckingham Palace, Devin Jones in linea».

«Dev? Sono Annie Ross.»

«Annie! Accidenti! Un attimo che abbasso la radio.»

Jennifer, la tipa di cui andavo matto, mi lanciò uno sguardo incuriosito. Io le strizzai l’occhio, le sorrisi e ripresi in mano il ricevitore. «Ti prometto che arriverò due giorni dopo l’inizio delle vacanze di Pasqua. Comprerò il biglietto il prossimo fine…»

«Dev, smettila.»

Colsi il suo tono tristemente rassegnato e la gioia di sentirla si trasformò in angoscia. Appoggiai il capo al muro, chiudendo gli occhi. In realtà avrei voluto tapparmi l’orecchio accostato alla cornetta.

«Mike è morto ieri sera, Dev. Lui…» Per un secondo le tremò la voce, ma poi si riprese. «Gli è salita la febbre due giorni fa e il medico ci ha consigliato di ricoverarlo in ospedale. Giusto per sicurezza, ha aggiunto. Ieri sembrava sentirsi meglio. Tossiva di meno. Guardava la televisione seduto nel letto. Chiacchierava di un importante torneo di pallacanestro. Poi, di sera…» Si fermò. Cercava di non perdere il controllo e le mancava il respiro. Anch’io mi sforzai, ma erano già partite le lacrime. Erano calde, quasi bollenti.

«È successo all’improvviso», continuò. Poi, in un sussurro che sentii appena: «Mi si sta spezzando il cuore».

Mi accorsi della mano sulla spalla. Era quella di Jennifer. Ci appoggiai sopra la mia. Mi chiesi chi ci fosse a Chicago per confortare Annie.

«Tuo padre è lì?»

«È a Phoenix per una delle sue solite crociate. Verrà domani.»

«E i tuoi fratelli?»

«George adesso è accanto a me. Phil dovrebbe arrivare con l’ultimo volo da Miami. George e io siamo… in quel posto… Sai, dove li… Non riesco a guardare. Anche se è stato lui a volerlo.» Era scoppiata a piangere. Non avevo idea di che diavolo stesse parlando.

«Annie, dimmi che posso fare. Qualsiasi cosa. Qualsiasi.»

E lei lo fece.

La mia storia si conclude in un giorno di sole dell’aprile del 1974, su quel breve tratto di spiaggia della Carolina del Nord che si stende tra la città di Heaven’s Bay e Joyland, un parco divertimenti che avrebbe chiuso due anni più tardi. I grandi colossi del divertimento lo costrinsero a fallire, nonostante gli sforzi per salvarlo di Fred Dean e Brenda Rafferty. Si conclude con una donna bellissima in un paio di jeans scoloriti e un ragazzo ormai cresciuto con una felpa dell’Università del New Hampshire. Lui stringe qualcosa in mano. Accucciato alla fine della passerella con il muso appoggiato sopra una zampa, un Jack Russell terrier che sembra avere perso la vivacità di un tempo. Sul tavolo da picnic, dove la donna una volta serviva deliziosi frullati di frutta, c’è un’urna di ceramica. Somiglia a un vaso senza un mazzo di fiori. La mia storia non si conclude lì dove è iniziata, ma all’incirca.

Sì, all’incirca.

«Sono di nuovo ai ferri corti con mio padre», dichiarò Annie, «e adesso non c’è più un nipote a unirci. Quando è tornato dalla sua crociata del tubo e ha scoperto che avevo fatto cremare Mike, è montato su tutte le furie.» Abbozzò un sorriso addolorato. «Se non fosse rimasto per l’ultima funzione del cazzo, forse sarebbe riuscito a fermarmi. Sì, probabilmente sì.»

«Però è stato tuo figlio a volerlo.»

«Strana richiesta per un ragazzino, non trovi? Comunque, Mike è stato chiarissimo. E ne sappiamo entrambi il motivo.»

Aveva ragione. L’ultima volta per divertirsi insieme arriva sempre, e quando scorgi le tenebre avvicinarsi, ti aggrappi ai momenti più belli e luminosi. Ti ci aggrappi con le unghie e con i denti.

«Hai provato a chiedere a tuo padre?…»

«Di venire? Certo. A Mike sarebbe piaciuto. E invece si è rifiutato di partecipare a quella che ha definito ‘una cerimonia pagana’. Ne sono contenta.» Mi afferrò la mano. «È solo per noi, Dev. Perché eravamo qui quando lui era felice.»

Portai le sue dita alle labbra, le baciai, le strinsi appena e mollai la presa. «Non sei stata solo tu a salvarmi la vita. Se Mike non ti avesse svegliato… se avesse esitato solo per un attimo…»

«Lo so.»

«Senza di lui, Eddie non sarebbe riuscito ad aiutarmi. Io non vedo né sento i fantasmi. Mike era il tramite.»

«È dura», rispose Annie. «È così dura lasciarlo andare. Anche il poco che ne è rimasto.»

«Sei certa di volerlo fare?»

«Sì, finché ne sono ancora in grado.»

Prese l’urna dal tavolo da picnic. Milo alzò il muso a guardarla e poi lo riappoggiò sulla zampa. Non ho idea se avesse capito che conteneva i resti del padroncino, ma sapeva che lui era morto. Lo sapeva fin troppo bene.

Sollevai l’aquilone con il volto di Gesù, tenendolo da dietro. Seguendo le istruzioni di Mike, in quel punto avevo incollato una tasca, abbastanza grande da contenere una manciata di fine cenere grigia. La tenni aperta mentre Annie inclinava l’urna. Dopo averla riempita, posò il contenitore sulla sabbia ai suoi piedi e tese le mani. Le passai il rocchetto di filo e mi girai verso Joyland, con la Ruota del Sud che si stagliava all’orizzonte.

Stiamo volando!aveva gridato Mike, alzando le braccia sopra la testa. Nessun tutore a bloccarlo, non nel giorno della gita o in quel momento sulla spiaggia. Credo che lui fosse parecchio più sveglio del suo religiosissimo nonno. Più sveglio di noi tutti, forse. Qual è quel ragazzino bloccato su una sedia a rotelle che non vorrebbe volare, anche solo una volta nella vita?

Fissai Annie. Mi rispose con un cenno del capo: era pronta. Sollevai l’aquilone e lo lasciai andare. Si alzò subito, spinto dalla forte brezza gelida che arrivava dal largo. Lo guardammo salire, seguendolo con gli occhi.

«A te.» Mi porse il rocchetto. «Adesso tocca a te, Dev. È stato lui a deciderlo.»

Afferrai lo spago. L’aquilone mi strattonava, vivo, in alto sopra di noi, ondeggiando nel blu. Annie raccolse l’urna e la portò giù dalla piccola duna. Probabilmente la versò in riva all’oceano, ma non ne sono certo. Ero impegnato con l’aquilone e non appena lo vidi liberare una sottile scia di cenere grigia, mollai il filo. Senza niente a trattenerlo, il giocattolo volò in alto, di più, sempre di più. Mike avrebbe voluto vedere quanto sarebbe salito prima di scomparire, e lo volevo anch’io.

Lo volevo anch’io.

24 agosto 2012



Nota dell’autore

I puristi del variegato mondo dei parchi e delle fiere itineranti (sono sicuro che ne esista un discreto numero) sono già pronti a scrivermi per informarmi, più o meno indignati, che gran parte del gergo da me battezzato «la Parlata» non esiste. Che, per esempio, i bifolchi non sono mai stati chiamati frollocconi e che per le ragazze carine non è mai stato usato il termine di bignè. I puristi in questione non hanno assolutamente torto, ma possono risparmiarsi di inviare email e lettere. Signori miei, si tratta di un’opera di finzione, di un romanzo.

E comunque, moltissime espressioni arrivano dritte dallo slang dei luna park di un tempo, un idioma ricco e colorito – come i soprannomi per la ruota panoramica e le giostrine -, e «bruciare la vigna» significava abbandonare la città in un baleno, magari dopo avere imbrogliato i bifolchi del posto. Sono solo alcuni esempi, per i quali sono grato a Wayne N. Keyser e al suo Dictionary of Carny, Circus, Sideshow & Vaudeville Lingo.Lo trovate sul sito internet dell’autore, dove potrete controllare migliaia di altre definizioni, forse anche di più. E magari ordinare il suo libro On the Midway,in cui il dizionario è contenuto.

Charles Ardai si è occupato dell’editing di questo romanzo. Grazie, amico.


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